Hic habito ego, ergo sum. - Diritto alla residenza

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Compendio di leggi, norme, regolamenti, sentenze, giurisprudenza, trattati e strumenti giuridici in materia di iscrizione all'anagrafe della popolazione residente dei soggetti senza fissa dimora o senza tetto.
Domicilio generale, domicilio prevalente, domicilio legale, elezione di domicilio, domicilio di soccorso, domicilio coattivo, domicilio convenzionale, domicilio fittizio, domicilio virtuale, domicilio informatico, domicilio elettronico, domicilio speciale, indirizzo speciale, dimora abituale, domicilio, domicilio elettivo, residenza anagrafica, residenza effettiva.

Roma caput mencla contro Don Chisciotte

26 Giugno 2010, APPROVATA dal Parlamento europeo la RISOLUZIONE SUL RUOLO DEL REDDITO MINIMO NELLA LOTTA CONTRO LA POVERTA' E PER LA PROMOZIONE DI UNA SOCIETA' INCLUSIVA IN EUROPA (2010/2039(INI)
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Settembre 2012 - Provvedimento della Ia Sezione civile del Tribunale ordinario di Palermo - LEGGI!

Disponendo che il Comune di Palermo iscriva il ricorrente all'anagrafe della popolazione residente, il Giudice ordinario dissipa ogni dubbio sul fatto che per i soggetti senza fissa dimora, che fanno istanza di iscrizione nel Comune di nascita, si deve procedere alla loro iscrizione a prescindere dalla sussistenza di residenza e domicilio. LEGGI!

Si ringrazia Francesco Errante per la realizzazione tecnica di questo sito.
Il lettore e' caldamente invitato a visitare www.Margherita-Caminita.com

Margherita Caminita é una delle molteplici vittime della privatizzazione della sanita', della globalizzazione degli interessi negli ospedali, delle truffe delle amministrazioni locali ed ospedaliere e della mancata tutela del cittadino da parte del potere politico e giudiziario in Europa.
Margherita Caminita, nata a Palermo nel 1926, si trova attualmente "sequestrata" in Inghilterra, (Gran Bretagna) nelle mani della corrotta Amministrazione Regionale di Bedfordshire che cerca in tutti i modi di impedirle di testimoniare...  per saperne di piú su come l'Italia ed il Governo italiano abbiano tradito ed abbandonato Margherita Caminita e la sua famiglia VAI ALLA PAGINA PRINCIPALE

Stai ascoltando la registrazione della recente telefonata fatta da Lucilla Masucci per conto della Redazione di RAI Chi l'ha visto? dalla quale si evince chiaramente che Margherita Caminita e' tenuta isolata da chiunque possa aiutarla a riavere la sua vita.
Ma non sono tardate le reazioni dei cosiddetti "poteri forti" che hanno bloccato la messa in onda del servizio di Lucilla Masucci
 
Il lettore e' caldamente invitato a visitare www.Margherita-Caminita.com.

CAMBIO DI RESIDENZA IN TEMPO REALE

Cosa cambia con la sua entrata in vigore, il 09 Maggio 2012 ?
Le nuove regole sull'iscrizione anagrafica

Decreto, legge, circolare ministeriale, modulistica per la presentazione delle dichiarazioni di residenza e manuali per gli operatori.


Art.5 - Cambio di residenza in tempo reale (come emendato dalla legge di conversione)

1. Le dichiarazioni anagrafiche di cui all'articolo 13, comma 1, lettere a), b) e c), del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223, sono rese nel termine di venti giorni dalla data in cui si sono verificati i fatti utilizzando una modulistica conforme a quella pubblicata sul sito istituzionale del Ministero dell'interno. Nella modulistica e' inserito il richiamo alle sanzioni previste dall'articolo 76 testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, in caso di false dichiarazioni.

2. Le dichiarazioni di cui al comma 1 sono rese e sottoscritte di fronte all'ufficiale di anagrafe ovvero inviate con le modalita' di cui all'articolo 38, del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.

3. Fermo quanto previsto dagli articoli 5 e 6 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, l'ufficiale d'anagrafe, nei due giorni lavorativi successivi alla presentazione delle dichiarazioni di cui al comma 1, effettua le iscrizioni anagrafiche. Gli effetti giuridici delle iscrizioni anagrafiche e delle corrispondenti cancellazioni decorrono dalla data della dichiarazione.

4. In caso di dichiarazioni non corrispondenti al vero si applicano le disposizioni previste dagli articoli 75 e 76 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445. Ove nel corso degli accertamenti svolti entro il termine di cui al comma 5 emergano discordanze con la dichiarazione resa, l'ufficiale di anagrafe segnala quanto e' emerso alla competente autorita' di pubblica sicurezza e al comune di provenienza.

5. Entro il termine di cui al comma 6, con regolamento adottato, ai sensi dell'articolo 17, comma 1, lettera a), della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, sono apportate al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223, le modifiche necessarie per semplificarne la disciplina e adeguarla alle disposizioni introdotte con il presente articolo, anche con riferimento al ripristino della posizione anagrafica precedente in caso di accertamenti negativi o di verificata assenza dei requisiti, prevedendo altresi' che, se nel termine di quarantacinque giorni dalla dichiarazione resa o inviata ai sensi del comma 2 non e' stata effettuata la comunicazione di cui all'articolo 10-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, con l'indicazione degli eventuali requisiti mancanti o degli accertamenti svolti con esito negativo, quanto dichiarato si considera conforme alla situazione di fatto in essere alla data della dichiarazione, ai sensi dell'articolo 20 della stessa legge n. 241 del 1990.

5-bis. In occasione di consultazioni elettorali o referendarie, qualora l'ufficiale di anagrafe proceda al ripristino della posizione anagrafica precedente ai sensi del comma 5 in tempi non utili ai fini degli adempimenti di cui all'articolo 32, primo comma, numero 4), del testo unico delle leggi per la disciplina dell'elettorato attivo e per la tenuta e la revisione delle liste elettorali, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1967, n.223, le conseguenti variazioni alle liste elettorali sono apportate non oltre il quindicesimo giorno antecedente la data della votazione».

6. Le disposizioni del presente articolo acquistano efficacia decorsi novanta giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale del presente decreto.

Decreto Legge 09 Febbraio 2012, n.5 - Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo (12G0019) (GU n.33 del 9-2-2012 - Suppl. Ordinario n. 27) convertito, con modificazioni, dalla Legge 4 aprile 2012, n. 35 (in Suppl. Ordinario n. 69, relativo alla G.U. 06/04/2012, n. 82).

Circolare del Ministero dell'interno del 27 Aprile 2012 e modulistica
2) Registrazione delle dichiarazioni:
Ai sensi dell'art. 5, c. 3, del d.l. n. 5/2012, l'ufficiale d'anagrafe, nei due giorni lavorativi successivi alla presentazione delle dichiarazioni di cui all' alt. 13, c. l, lett. a), b) e c), effettua le registrazioni delle dichiarazioni ricevute, fermo restando che gli effetti giuridici delle stesse decorrono dalla data di presentazione.
Il primo adempimento a carico del comune destinatario della dichiarazione è quindi l'iscrizione anagrafica, la cancellazione o la registrazione del cambio di abitazione dichiarata, riportando a tal fine nelle schede anagrafiche i dati indicati dal cittadino nel modulo dianzi menzionato, che dovrà essere necessariamente compilato almeno nella parte obbligatoria.

Manuale operativo INA-SAIA aggiornato

NOTE per gli Enti

 

 Cosa cambia con la legge 15 luglio 2009, n.94 ?

Le nuove regole sull'iscrizione anagrafica
dei senza fissa dimora

Ministero dell'Interno - Decreto 6 luglio 2010
Modalità di funzionamento del registro delle persone senza fissa dimora, a norma dell'articolo 2, della legge 24 dicembre 1954, n. 1228, come modificato dall'articolo 3, comma 39, della legge 15 luglio 2009, n. 94 (cd. "pacchetto sicurezza")

Decreto ed allegato in formato PDF

Ministero dell'Interno - Quesito evaso - Residenza anagrafica di soggetti che dimorano in strutture non convenzionali, autocaravan etc.

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Il sindaco del Comune di XXX pone il seguente testuale quesito:
Un signore che vive in camper è proprietario di un terreno edificabile nel Comune, ha stranamente ottenuto allaccio luce acqua e fognatura, adesso lui, la sorella ed un altro parente vivono in tre camper sul terreno edificabile, creando disordine, intolleranza da parte dei vicini che vorrebbero che io li allontanassi. L'ufficio anagrafe ha concesso loro la residenza in quella via senza numero civico.
-Li posso allontanare?
-Se li posso allontanare, per quali leggi?”

     

 

 

Si è volutamente rispettata anche la forma di presentazione del quesito perché da essa trapelano il pathos e, nel contempo, il disagio del sindaco rispetto ad una problematica singolare, ma non esente da complessità , che in ultima analisi rimanda ai diritti di cittadinanza ed al buon andamento della comunità locale.
Ai sensi del Codice civile Libro Primo “Delle persone e della famiglia”, Titolo III “Del domicilio e della residenza” art. 43 -2° comma la residenza è nel luogo di abituale dimora ossia nel luogo ove abitualmente si esplica la vita familiare e sociale di un soggetto.
I principali riferimenti normativi a tutela del diritto alla residenza hanno addirittura rango costituzionale, infatti la Repubblica Italiana, nella sua Carta Costituzionale prevede all’art. 3 che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali e che sia compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana.
Mentre all’ art. 16 stabilisce che ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza. Con il D.P.R. del 30 maggio 1989, n.223Approvazione del nuovo regolamento anagrafico della popolazione residente” è stato novellato l’istituto dell’Anagrafe della popolazione residente, definito come la raccolta sistematica dell’insieme delle posizioni relative alle singole persone, alle famiglie ed alle convivenze che hanno fissato nel Comune la residenza, nonché delle posizioni relative alle persone senza fissa dimora che hanno stabilito nel Comune il proprio domicilio (art. 1 comma 1) e disciplinate, rispettivamente agli art. 7 e 11 le iscrizioni e le cancellazioni anagrafiche.
Al riguardo si ricorda che:

l’iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente viene effettuata:
a) per nascita;
b) per esistenza giudizialmente dichiarata;
c) per trasferimento di residenza da altro Comune.

La cancellazione dall’anagrafe della popolazione residente viene effettuata:
a) per morte, compresa la morte presunta giudizialmente dichiarata;
b) per trasferimento della residenza in altro Comune o all’estero, nonché per trasferimento del domicilio in altro Comune per le persone senza fissa dimora;
c) per irreperibilità accertata a seguito delle risultanze delle operazioni del censimento generale della popolazione, ovvero, quando, a seguito di ripetuti accertamenti, opportunamente intervallati, la persona sia risultata irreperibile.

Poiché il problema dell’iscrizione anagrafica in situazioni fuori dall’ordinario periodicamente, si ripropone nelle varie realtà locali il Ministero dell’Interno – con la Circolare 29 maggio 1995, n.8 ha dettato “Precisazioni sull’iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente di cittadini italiani”.
Si ritiene opportuno riportare alcuni stralci della suddetta circolare (e della successiva del gennaio 1997) perché in esse si affronta una fattispecie analoga al quesito posto dal Comune istante fornendo chiarimenti e indirizzi.
In relazione a recenti notizie, riportate con evidenza dagli organi di stampa, circa il comportamento seguito da un’amministrazione comunale nell’esaminare le richieste di iscrizione anagrafica avanzate da cittadini italiani, questo Ministero, nell’ambito delle proprie competenze istituzionali, ritiene necessario effettuare alcune puntualizzazioni sulla tematica in questione, affinché da parte dei sindaci venga adottata una linea di condotta uniforme su tutto il territorio nazionale evitando, così, le discriminazioni a danno dei cittadini da comune a comune.
Pertanto il sindaco quale ufficiale di anagrafe e di Governo, nell’esaminare le domande di iscrizione anagrafica presentate dai cittadini italiani, deve osservare scrupolosamente la legislazione vigente. Orbene, dall’esame di detta normativa si evince che la richiesta di iscrizione anagrafica, che costituisce un diritto soggettivo del cittadino, non appare vincolata ad alcuna condizione, né potrebbe essere il contrario, in quanto in tal modo si verrebbe a limitare la libertà di spostamento e di stabilimento dei cittadini sul territorio nazionale in palese violazione dell’art. 16 della Carta costituzionale.
Alla luce delle suesposte considerazioni appaiono pertanto contrarie alla legge e lesive dei diritti dei cittadini quei comportamenti adottati da alcune amministrazioni comunali che, nell’esaminare le richieste di iscrizione anagrafica, chiedono una documentazione comprovante lo svolgimento di una attività lavorativa nel territorio comunale, ovvero la disponibilità di un’abitazione, e magari, nel caso di persone coniugate, la contemporanea iscrizione di tutti i componenti il nucleo familiare, ovvero procedono all’accertamento dell’eventuale esistenza di precedenti penali a carico del richiedente l’iscrizione.
Nel rammentare che il concetto di residenza, come affermato da costante giurisprudenza e da ultimo dal tribunale amministrativo regionale del Piemonte con sentenza depositata il 24 giugno 1991, è fondato sulla dimora abituale del soggetto sul territorio comunale, cioè dall’elemento obiettivo della permanenza in tale luogo e soggettivo dell’intenzione di avervi stabile dimora, rilevata dalle consuetudini di vita e dallo svolgimento delle relazioni sociali, occorre sottolineare che non può essere di ostacolo alla iscrizione anagrafica la natura dell’alloggio, quale ad esempio un fabbricato privo di licenza di abitabilità ovvero non conforme a prescrizioni urbanistiche, grotte, alloggi in roulottes.
Con la successiva Circolare 15 gennaio 1997, n° 2 rubricata “Anagrafe della popolazione residente -iscrizione -apposizione di condizioni – inammissibilità “lo stesso Ministero dell’Interno (allora a titolarità dell’attuale Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano) torna sull’argomento, rivolgendosi ai Prefetti:
Con precedente circolare MIACEL n. 8 del 29 maggio 1995, questo Ministero ha diramato precise disposizioni sulla puntuale ed esatta gestione dell’anagrafe da parte di signori sindaci, nella loro qualità di ufficiali di Governo, richiamando l’attenzione degli stessi sulle conseguenze, non solo di ordine penale ma anche amministrative, cui può dare luogo, la creazione di impedimenti, non previsti da norme legislative, all’iscrizione in anagrafe.
Il particolare veniva sottolineato che l’iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente dei cittadini italiani, non è sottoposta ad alcuna condizione, come si evince chiaramente non solo dalla legge 24 dicembre 1954, n. 1228 e dal successivo decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223, ma altresì dalla costante giurisprudenza della Corte di cassazione.
Unico requisito, è la corrispondenza che deve intercorrere tra la situazione di fatto e quanto dichiarato dall’interessato……
Ciò premesso, atteso il ripetersi di tali inammissibili episodi,… si invitano le SS.LL. ad effettuare la più accurata sorveglianza sulla gestione delle anagrafi da parte di signori sindaci, procedendo, se del caso, ad adottare tutti qui provvedimenti a tutela della dignità della persona, non esclusa la segnalazione all’autorità giudiziaria.


La giurisprudenza ha costantemente inteso distinguere nell'ambito del concetto di residenza un elemento oggettivo, costituito dalla stabile permanenza in un luogo, ed un elemento soggettivo, costituito dalla volontà di rimanervi (si vedano ad esempio le sentenze della Cassazione: Sez. I del 21 giugno 1955 n.1925, Sez. I del 17 ottobre 1955 n.3226, Sez. II del 17 gennaio 1972 n.126, del 5 febbraio 1985 ,n.791, Sez. II del 14 marzo 1986, n. 1738).
Tale soggettività deve essere un elemento "rivelato dalle consuetudini di vita e dallo svolgimento delle normali relazioni sociali" ( Cass., Sez II,14 marzo 1986 n.1738) cioè deve essere reso conoscibile ai consociati attraverso la condotta del soggetto.
Quindi ne deriva che la residenza è comunque una situazione di fatto, alla quale deve tendenzialmente corrispondere una situazione di diritto contenuta nelle risultanze anagrafiche. La richiesta di residenza non può quindi essere vincolata ad alcuna condizione e tantomeno può essere limitata la libertà di spostamento dei cittadini e la scelta di stabilirsi sul territorio dove desiderano, pena la violazione dell'art. 16 della Costituzione.
L'unico requisito è la corrispondenza che deve intercorrere tra la situazione di fatto e quanto dichiarato dall'interessato rispetto al suo luogo di dimora abituale.
L'iscrizione anagrafica non è infatti legata all'unità immobiliare ma all'effettività della dimora abituale in quel luogo ossia alla realtà abitativa familiare. Pertanto i comportamenti rivolti ad ulteriori verifiche al di là della dimora abituale si configurano quali aggravanti del procedimento amministrativo e passibili di denuncia da parte del cittadino. Si ribadisce che attualmente non possono essere da ostacolo alla iscrizione anagrafica la natura dell'alloggio quale ad esempio il fabbricato non conforme alle prescrizioni urbanistiche, la grotta, la roulotte o la baracca di legno.
Il secondo comma dell'art.4 della Legge anagrafica (Legge 24 dicembre 1954, n.1228) impone all'Ufficiale d'anagrafe di ordinare gli accertamenti necessari ad appurare la verità dei fatti denunciati dagli interessati. Si desume chiaramente che il potere-dovere dell'Ufficiale d'anagrafe è quello di disporre gli accertamenti per effetto dell'avvenuta presentazione di una dichiarazione dell'interessato diretti proprio a verificare la corrispondenza tra quanto dichiarato e quanto attuato nella realtà dei fatti.
Avere la residenza anagrafica (cioè essere registrati negli archivi della popolazione del Comune) là dove realmente si vive è un diritto della persona (anche se è un "senza tetto", cioè senza una casa "normale", che sia giuridicamente utilizzabile come civile abitazione). Si tratta di un diritto che ne innesca molti altri: il diritto alle cure del servizio sanitario nazionale, al rilascio della carta di identità, il diritto all'assistenza sociale, l'iscrizione alle liste per l'assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, il diritto di voto in una serie di elezioni politiche e amministrative (quest'ultimo solo per i cittadini italiani o comunitari). Non solo i "senza tetto", ma anche le persone senza fissa dimora hanno diritto ad avere una residenza anagrafica. La legge impone ai comuni di iscrivere all'anagrafe sia i "senza tetto" che i "senza fissa dimora". La residenza è infatti un diritto fondamentale di libertà (quello di scegliere il luogo dove vivere) e un tratto irrinunciabile della personalità (ciascuno, infatti, appartiene ad una comunità ed ha diritto a risultarne membro.
Si sono portate in rassegna le disposizioni di legge, a partire da quelle di rango costituzionale, sino alle circolari del Ministero dell’Interno, per sottolineare, tra l’altro, come il sindaco sia in rapporto di dipendenza gerarchica impropria nell’esercizio delle funzioni di Ufficiale di Governo e come tale sottoposto al controllo prefettizio, risultando comunque inserito, ancorché per via funzionale, nell’ambito delle strutture che fanno capo al Ministero dell’Interno, il quale esercita la tutela e garantisce l’unità di indirizzo nella materie di competenza dello Stato.
Da questa prima disamina della normativa in materia, condotta sul versante delle attribuzioni del sindaco nei servizi di competenza statale, ne consegue con chiarezza che non sussistono ragioni per allontanare i cittadini camperisti e che l’Ufficio Comunale ha operato correttamente nel rilasciare loro la residenza.
Neanche il Codice della Strada (C.d.S.) approvato con il D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285 riesce a fornire qualsivoglia appiglio per l’”allontanamento “perorato dal sindaco istante.
Il “camper”, ovvero con dicitura tecnica, l’autocaravan secondo la definizione del Codice, è qualificato come autoveicolo avente una speciale carrozzeria ed attrezzato permanentemente per essere adibito al trasporto e all’alloggio di sette persone al massimo, compreso il conducente (art. 54 c. 1 lett. m) del C.d.S.).
Ai fini della circolazione stradale in genere e agli effetti dei divieti di cui agli artt. 6 e 7 del Codice, gli autocaravan sono soggetti alla stessa disciplina prevista per gli altri veicoli (art. 185 c. 1). La loro sosta, ove consentita, non costituisce campeggio, attendamento e simili se essi poggiano sul suolo esclusivamente con le ruote, non emettono deflussi propri e non occupano la sede stradale in misura eccedente il proprio ingombro (art. 185 c. 2).
E’ vietato lo scarico di residui organici e di acque chiare e luride su strade e aree pubbliche, al di fuori di appositi impianti di smaltimento igienico-sanitario (art. 185 c. 4).
Il divieto di sosta per soli autocaravan può essere previsto dalle amministrazioni locali solo qualora il provvedimento escluda dalla sosta anche tutti gli altri veicoli con analoghe caratteristiche dimensionali e di massa e solo se legittimato da oggettive situazioni d’intransitabilità.
Si ha campeggio, attendamento o simili, ogni qualvolta non si rientri nelle condizioni di sosta come sopra previste. Ciò significa, ad esempio, che l’aver appoggiato uno scalino per terra, che permetta un più agevole accesso all’autocaravan, integra già un’ipotesi di campeggio e non di sosta.
Considerato che campeggiare esula dalla semplice circolazione dei veicoli, è prevista per gli enti territoriali, proprietari delle strade, la facoltà di limitare tale possibilità ad aree attrezzate adeguatamente allo scopo.
Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti Dipartimento per i Trasporti Terrestri Direzione Generale della Motorizzazione ha più volte chiarito con apposite direttive ai sensi dell’art. 35 comma 1 del Codice della Strada le linee guida in materia di circolazione e sosta delle autocaravan. Ma è ancora il Ministero dell’Interno -Dipartimento per gli Affari Interni e Territoriali-Direzione Centrale per l’Amministrazione Generale e per gli Uffici Territoriali di Governo-Direzione Generale UTG, a diramare la circolare prot. 277 in data 14/01/2008 rubricata, per l’appunto: “Direttiva del Ministero dei Trasporti ai sensi dell’art. 35 comma 1 del Codice della Strada. Linee guida in materia di circolazione e sosta delle autocaravan.“ rivolta ai Sindaci affinché ne tengano conto nell’esercizio delle relative competenze.
Qui si argomenta nel modo seguente :
<…La limitazione alla circolazione stradale e alla sosta per la particolare categoria di veicoli in esame appare illegittima nel caso di autocaravan che poggino sulla sede stradale con le proprie ruote, senza emettere deflussi propri e che non occupino la sede stradale nella misura eccedente il proprio ingombro, in assenza di ostacoli atti a giustificarli. Già con la Legge 336/91 il legislatore era intervenuto, per evitare gli annosi contenziosi tra i proprietari dell’autoveicolo atucaravan e Pubblici Amministratori, con una ratio semplice e chiara, portatrice di una serie di innovazioni identificabili, almeno, nei seguenti punti fondamentali:
• la conferma che le autocaravan sono autoveicoli e sono parificati a tutti gli altri autoveicoli;
• la netta distinzione tra il “sostare” e il “campeggiare”;
• l’obbligo all’allestimento di impianti igienico-sanitari su strade, autostrade e campeggi al fine di tutelare l’igiene pubblica del territorio, raccogliendo i residui organici e le acque chiare e luride raccolti negli impianti interni delle autocaravan.
• la possibilità per il Comune di prevedere l’allestimento di aree attrezzate riservate alla sosta e al parcheggio delle autocaravan, al fine di sviluppare il turismo itinerante praticato con detti autoveicoli. Un intervento, pertanto, complessivamente teso a promuovere e non ad impedire la circolazione alle autocaravan. Tali principi, contenuti nella Legge sopraccitata, sono stati in toto recepiti nel Nuovo Codice della Strada…
>
La circolare passa poi ad analizzare nel dettaglio alcune fattispecie concrete che hanno dato luogo ad ordinanze dei pubblici amministratori che prestano il fianco a rilievi critici, soffermandosi in particolare sul divieto di circolazione per motivi di ordine e sicurezza pubblica e sui presunti abusi di carattere igienico-sanitario.
Il concetto di ordine pubblico che, com’è noto, trova riscontro in sede legislativa nell’art. 159 comma 2 del D.Lgs. 112/98 è “inteso come il complesso dei beni giuridici fondamentali e degli interessi pubblici primari sui quali si regge l’ordinata e civile convivenza nella comunità nazionale Il Ministero dei Trasporti fa rilevare che il concetto di sicurezza pubblica è più ristretto riferendosi alla salvaguardia della incolumità e integrità fisica, patrimoniale e morale dei cittadini.
Sarebbero, pertanto, viziati da illegittimità sotto il profilo dell’eccesso di tutela quei provvedimenti che richiamassero in situazioni non rispondenti al reale stato dei fatti o comunque in modo generico esigenze di “tutela dell’ordine, della sicurezza e dalla quiete pubblica
”.
In altri casi viene vietata la sosta e la circolazione alle autocaravan sulla base di un’ordinanza motivata dalla necessità di salvaguardare l’immagine e, soprattutto, l’igiene e la sanità pubblica. Il Pubblico Amministratore giustifica il proprio provvedimento sostenendo che il suo obiettivo è solo quello di frenare “... abusi di carattere igienico-sanitario connessi allo scarico d'acque nere e bianche sulla pubblica via ...”, ovvero di “....prevenire qualsivoglia pericolo di infezioni virali o di malattie infettive, la cui insorgenza può verificarsi per l’incontrollato e disordinato deposito di liquami e materie organiche oltre che dei rifiuti solidi ...”. Si osserva, tuttavia, che spesso le ordinanze contingibili e urgenti motivate sulla base dell’esigenza di tutela dell’igiene pubblica, stante la genericità delle espressioni usate e l’assenza di qualsivoglia altro elemento indicatore, limitano la circolazione delle autocaravan sulla base di motivi che non sono certo riconducibili alle affermate esigenze di prevenzione degli inquinamenti. D’altronde, le autocaravan, per il loro allestimento, che comprende serbatoi di raccolta delle acque inerenti cucina e bagno, sempre che siano debitamente ed idoneamente utilizzate, sono veicoli di per sé non idonei a mettere in pericolo l’igiene pubblica.
Del resto i cittadini in questione stanno campeggiando in un’area sottratta all’uso pubblico, di cui, addirittura, uno di loro risulta titolare del diritto di proprietà. L’area risulta attrezzata di allacciamenti ad acqua, luce e fognatura. Quest’ultimo servizio, come si è visto, risulta essenziale per lo scarico di residui organici e di acque chiare e luride raccolte negli impianti interni delle autocaravan da convogliare agli impianti di smaltimento igienico-sanitario, che, si presume, avvenga secondo criteri di buona tecnica.
Qui occorre ancora precisare non ci si trova dinnanzi ad un vero e proprio campeggio, cioè ad una struttura e ad un esercizio ricettivo destinato al pubblico e disciplinato dalla normativa sui campeggi.
L’art. 16 della legge regionale del Piemonte 31/08/1979, n. 54 e s.m.i. recante, per l’appunto, la disciplina dei complessi ricettivi all'aperto al 4° comma prevede che:
In deroga alle norme di cui alla presente legge e'consentito l'insediamento di un massimo di 3 tende o caravan presso aziende agricole che forniscano i servizi essenziali, dandone semplice comunicazione al Comune. Il Comune può, in relazione ad esigenze locali, autorizzare l'elevazione del numero di tende o caravan ad un massimo di 10 richiedendo in tal caso che vengano assicurati l'approvvigionamento idrico e i servizi igienici e lo smaltimento dei rifiuti.
Il comma 5, peraltro, dispone che le prescrizioni della legge non si applichino per gli allestimenti ricettivi all'aperto che non presentino le caratteristiche di pubblico esercizio, dovendosi tali allestimenti assoggettare alla normativa vigente in materia edilizio-residenziale.
Restano quindi da esaminare gli aspetti attinenti l’edilizia.
L’art. 54 della legge regionale 5/12/19977, n, 56 rubricato “Concessioni per costruzioni temporanee e campeggi” prevede che “non e'ammessa la realizzazione di costruzioni temporanee o precarie ad uso di abitazione e di campeggio o la predisposizione di aree per l'impiego continuativo di mezzi di qualsiasi genere, roulottes e case mobili, se non nelle aree destinate dai Piani Regolatori Generali a tale scopo, con le norme in esso espressamente previste, e previa concessione con la corresponsione di un contributo adeguato all'incidenza delle opere di urbanizzazione dirette e indotte, da computare in base ai disposti della legge 28 gennaio 1977, n. 10”.
L’art. 56 della suddetta legge (Interventi soggetti ad autorizzazione) dispone che “sono soggetti ad autorizzazione i seguenti interventi:
…omissis…
d) la sosta prolungata di veicoli o rimorchi attrezzati per il pernottamento, e di attendamenti, fatta eccezione per quelli che avvengano in apposite aree attrezzate.
Successivamente è sopravvenuto il D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 e s.m.i. recante il “testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia”, che all’art. 3 ”Definizioni degli interventi edilizi“ comma 1 lettera e 5) recita : “Ai fini del presente testo unico si intendono per: e) "interventi di nuova costruzione", quelli di trasformazione edilizia e urbanistica del territorio non rientranti nelle categorie definite alle lettere precedenti. Sono comunque da considerarsi tali: …… e5) l’installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali roulottes, campers, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, e che non siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee;

e all’art. 10 (“Interventi subordinati a permesso di costruire” stabilisce che ”Costituiscono interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio e sono subordinati a permesso di costruire: a) gli interventi di nuova costruzione;..
Al riguardo si segnala la sentenza n. 4974 della Corte di Cassazione Penale Sez. III, 31/01/2008 (Ud.17/12/2007), laddove si sostiene, addirittura, la configurabilità in lottizzazione abusiva della trasformazione di strutture mobili (camper e roulottes) in vere e proprie unità abitative permanenti.
<La trasformazione di strutture mobili (camper e roulotte) in vere e proprie unità abitative permanenti può far ravvisare in concreto una condotta lottizzatoria (in specie quando l'attività di campeggio assuma dimensioni consistenti e si componga anche di edifici di servizio che denotano una stabilità di realizzazione e producono un impatto rilevante sul territorio). Sicché, costituiscono lottizzazione quegli interventi che mutano le caratteristiche dell'insediamento e/o del territorio in misura tale da far sorgere una non prevista esigenza di misure di urbanizzazione oppure da richiedere misure di urbanizzazione di entità maggiore o diversa rispetto a quelle previste. Si configura il “fumus” del reato di lottizzazione abusiva (e conseguente provvedimento di sequestro preventivo) laddove una struttura adibita a campeggio, sia pure debitamente autorizzata, venga radicalmente mutata, per effetto di opere edilizie non autorizzate e di roulotte posizionate stabilmente a terra e, dunque, non più agevolmente trasportabili, in uno stabile insediamento abitativo di rilevante impatto negativo sull’assetto territoriale. In questa prospettiva un insieme di interventi che snaturino le caratteristiche originarie di un campeggio, per quanto esso sia debitamente autorizzato, possano in linea di principio comportare, se complessivamente valutati, la violazione dell'art. 44, lett.c) del citato d.P.R. n. 380 del 2001>.
La sentenza, ancorché interessante, non pare applicabile alla fattispecie in esame stante la sua esiguità. Certamente la posa stabile e continuata di strutture mobili quali camper e roulottes al fine di soddisfare esigenze abitative non temporanee comporta la necessità del rilascio del permesso di costruire ai sensi del combinato disposto degli articoli del D.P.R. 380/2001 sopra richiamati. L’Amministrazione comunale valuterà, sulla base delle informazioni di cui dispone e degli accertamenti che vorrà effettuare, se ricorrono le condizioni per l’applicazione delle sanzioni previste dalla vigente normativa in materia di illeciti edilizi, fatto comunque salvo l’istituto dell’accertamento di conformità previsto dall’art. 36 del D.P.R. 380/2001.
Paiono sussistere le condizioni per interloquire in termini propositivi con i cittadini “camperisti”, rappresentando la possibilità di regolarizzazione della loro permanenza nel Comune, anche in considerazione del fatto che il loro insediamento già insiste su di un terreno edificabile (si presume a fini residenziali), per il quale dovrebbe essere corrisposta la relativa imposta comunale sugli immobili.
Paradossalmente la ricerca normativa fornisce esiti di possibile integrazione anziché di allontanamento di cittadini orientati verso pratiche di vita diverse dall’ordinario. Il quesito non fornisce ulteriori elementi per valutare i reali motivi di “disordine e di intolleranza da parte dei vicini”.
Si ritiene che tali comportamenti possano trovare previsione e composizione anche per via sanzionatoria nel regolamento comunale di polizia locale, che dovrebbe avere le finalità di promuovere l’ordinata e civile convivenza, garantire la sicurezza dei cittadini, tutelare il decoroso svolgimento della vita cittadina, nonché disciplinare le attività e i comportamenti dei cittadini al fine del buon andamento della comunità locale.

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