Residenza fittizia: un
diritto per le persone senza fissa dimora e per i senza tetto
Senza l'iscrizione anagrafica si
perde il diritto all'assistenza sociale e sanitaria. I comuni in grave difficoltà nel
reperire le risorse necessarie.
di Romano Minardi , Componente della
Giunta Esecutiva di ANUSCA Associazione Nazionale Ufficiali di Stato Civile ed
Anagrafe (www.anusca.it)
Se ne è parlato il 2 febbraio a Torino in occasione di un convegno
organizzato dalla FIO.psd - Federazione Italiana degli Organismi per le persone senza
dimora, in collaborazione con ANUSCA. L'iniziativa, ha messo a confronto esperienze
di comuni diversi e di associazioni che si occupano della tutela delle persone in
difficoltà.
È bene dire subito che si tratta di un fenomeno che ha subito una profonda evoluzione
storica e sociale; nel 1954, quando fu emanata la legge anagrafica, tuttora vigente
insieme al regolamento di attuazione del 1989 (DPR n.223 del 30 Maggio 1989),
si trattava di trovare un criterio utile che consentisse di iscrivere nellanagrafe
della popolazione residente le comunità nomadi, i girovaghi, i commercianti ambulanti
o i giostrai che si spostavano per tutta lItalia, senza disporre di una dimora
stabile e quindi senza avere la residenza, così come la definisce lart. 43 del Codice
civile. Oggi le persone senza fissa dimora sono quasi esclusivamente rappresentate da
persone adulte gravemente emarginate, per motivi psichici, familiari, o economici; a
costoro, soprattutto negli ultimi anni, si sono aggiunti i cittadini stranieri
immigrati che non hanno la possibilità, normalmente per motivi economici, ma non
solo, di avere unabitazione e una dimora abituale.
La normativa anagrafica si basa sul principio fondamentale della dimora abituale; ma
questo principio non può, ovviamente, trovare applicazione per chi una dimora
abituale non l'ha; per questo motivo il legislatore, per l'iscrizione anagrafica
delle persone senza fissa dimora, è ricorso al principio del domicilio. In pratica
questa particolare categoria di persone sceglie il comune dove essere iscritta
allanagrafe e il comune provvederà all'iscrizione in una via inesistente,
appositamente inventata.
Sembrerebbe tutto molto semplice e chiaro, ma gli interventi che si sono succeduti al
convegno di Torino e il dibattito che ne è seguito, hanno messo in evidenza una
situazione particolarmente difficile, caratterizzata, in molti casi, dalla negazione
del diritto dei senza fissa dimora all'iscrizione anagrafica.
La conferma di questo dato preoccupante è venuta dall'assessore alla famiglia e ai
servizi sociali del comune di Torino, Stefano Lepri, che ha aperto i lavori del
convegno affermando che il riconoscimento della residenza fittizia per le persone
senza fissa dimora o senza tetto, rappresenta un principio di civiltà, spesso negato
da comportamenti delle amministrazioni comunali che denotano scarsa conoscenza delle
norme vigenti.
A questo proposito, il prof. Paolo Morozzo Della Rocca, docente
dell'Università di Urbino, ha tracciato un quadro esaustivo e
preciso delle norme giuridiche che disciplinano l'iscrizione anagrafica delle persone
senza fissa dimora o, come ha meglio precisato Paolo Pezzana, presidente FIO.psd,
senza dimora, terminologia che meglio definisce e rappresenta chi non possiede alcuna
dimora.
Come ha precisato la Cassazione, Sezioni Unite Civili, n. 449, del
19.6.2000, l'iscrizione anagrafica non è un provvedimento concessorio, ma è
un diritto per il cittadino e un obbligo per l'ufficiale d'anagrafe. Tuttavia, mentre
i normali requisiti per l'iscrizione anagrafica sono di carattere soggettivo, ma
soprattutto oggettivo, in quanto la residenza è nel luogo di dimora abituale e nello
stesso luogo è obbligatoria l'iscrizione anagrafica, per le persone senza fissa
dimora, vale il solo criterio soggettivo che, come detto, si concretizza in una
scelta discrezionale dell'interessato. Il Tribunale di Milano, nella sentenza
n. 10257 del 2.6.2003, relativa proprio ad un caso di residenza negata a
persona senza fissa dimora, afferma testualmente: Il Comune, quale ufficiale del
Governo, è tenuto esclusivamente a dare applicazione alle norme regolanti la materia,
sicchè in capo al cittadino richiedente, qualora ricorrano tutti i presupposti, si
configura un vero e proprio diritto soggettivo all'iscrizione.
La realtà emersa al convegno di Torino ha evidenziato una situazione di diffusa
illegittimità nei comportamenti di molte Amministrazioni comunali, con colpe
equamente divise fra servizi sociali e anagrafi. Non si pone la que-stione delle
diverse modalità di iscrizione anagrafica, peraltro non disciplinate dalla normativa
vigente, ma si deve denunciare il malcostume di molte amministrazioni, soprattutto di
grandi città, che pongono dei limiti e degli ostacoli alle iscrizioni anagrafiche dei
senza fissa dimora o dei senza tetto; si tratta di comportamenti privi di legittimità
giuridica. Così, mentre il comune di Firenze ha adottato una politica di accoglienza
e assistenza delle persone senza tetto e quindi in grande difficoltà e disagio,
avendo iscritto attualmente circa 1.500 persone di cui 1.400 hanno una prestazione
sociale in corso, altri importanti comuni hanno addirittura esautorato l'ufficiale
d'anagrafe delle sue competenze esclusive in materia, al fine di contenere il numero
degli iscritti sulla base di criteri, di natura sociale ed economica, non previsti
dalla legge anagrafica. È facilmente intuibile come la ragione di questi
comportamenti sia da ricercare nelle ristrettezze di bilancio che costringono le
amministrazioni comunali a fare delle scelte e dei tagli che finiscono
inevitabilmente per colpire anche la spesa sociale e quindi le fasce di popolazione
più deboli. Lallarme lanciato, oltre che dal comune di Firenze, anche da Genova e
Torino, riguarda in particolare limmediato futuro che potrebbe vedere un aumento
delle persone in situazione di emarginazione e povertà e quindi prive di dimora e di
residenza, ma che devono ugualmente essere iscritte in anagrafe, con il rischio
concreto che i comuni non ce la facciano più a garantire nemmeno un grado di
assistenza minimo.
Gli ufficiali d'anagrafe, presenti al convegno hanno evidenziato anche un altro
fenomeno, che aggiunge criticità al problema: si tratta del tentativo, sempre più
diffuso, da parte di persone che hanno problemi con la giustizia, con i creditori o
altri interessi in genere poco leciti, di far credere di non avere alcuna dimora
abituale per poter ottenere l'iscrizione anagrafica in una via inesistente e quindi
essere difficilmente rintracciabili. Laspetto patologico del problema non può
tuttavia condizionare loperato del pubblico ufficiale di fronte a coloro che siano
titolari di diritti effettivi e giuridicamente tutelati.
È evidente che serve un intervento legislativo urgente che sappia affrontare il
problema salvaguardando il diritto all'iscrizione anagrafica, che deve restare il più
possibile svincolato dal diritto allassistenza di cui le persone senza tetto hanno,
quasi sempre, bisogno. Fino a quando non si troveranno criteri e parametri diversi
dalla sola iscrizione anagrafica, sulla base dei quali poter stabilire quale sia il
comune che deve sobbarcarsi gli oneri dellassistenza sociale a queste persone, sarà
sempre forte la tentazione da parte dei comuni di stravolgere e disapplicare le norme
anagrafiche, negando un diritto fondamentale a chi ne avrebbe più bisogno. Forse
andrebbe verificata lopportunità di riesumare il vecchio domicilio di soccorso,
magari in una sua versione più moderna ed equa, in grado di assicurare una
distribuzione più capillare e diffusa, fra tutti i comuni, dei senza fissa dimora
bisognosi di assistenza; se però le risorse non ci saranno, diventerà anche inutile
tentare di ripartirle.
Senza fissa dimora, senza
tetto, senza diritti.
di Romano Minardi, Componente della Giunta Esecutiva di ANUSCA Associazione Nazionale
Ufficiali di Stato Civile ed Anagrafe (www.anusca.it)
Pubblicato sul n.4/2005 de I Servizi Demografici - Maggioli
editore
Si ringrazia l'editore Maggioli per la gentile concessione alla
pubblicazione del presente articolo
SOMMARIO: Introduzione, pag. 1. - Diritto
soggettivo o interesse legittimo, pag. 4. - Senza fissa dimora e senza tetto, pag. 5.
- Stranieri senza fissa dimora, pag. 6. - Modalità di iscrizione allanagrafe, pag.8.
- Senza fissa dimora e irreperibilità, pag. 10 - Senza dimora e senza famiglia, pag.
11.
I principi sono noti a tutti gli ufficiali d'anagrafe che ben
conoscono lart. 1 della legge 24.12.1954, n. 1228 che dispone testualmente:
Nell'anagrafe della popolazione residente sono registrate le posizioni relative
alle singole persone, alle famiglie ed alle convivenze, che hanno fissato nel comune
la residenza, nonché le posizioni relative alle persone senza fissa dimora che hanno
stabilito nel comune il proprio domicilio, in conformità del regolamento per
lesecuzione della presente legge. Altrettanto chiaro è lart. 1 del regolamento,
approvato con DPR 30.5.1989, n. 223, che, purtroppo, si limita a ripetere lo stesso
identico principio espresso dalla legge anagrafica, senza aggiungere altro; in
pratica il legislatore del 1989 ha completamente disatteso la precisa disposizione
della legge del 1954 che gli imponeva di regolamentare, stabilendo criteri e modalità
operative, non solo l'iscrizione, la cancellazione e le mutazioni anagrafiche delle
persone aventi dimora abituale nel comune, ma anche le vicende anagrafiche delle
persone senza fissa dimora. Anzi, si può dire che la questione si complica
ulteriormente in quanto lart. 3 del regolamento specifica che per persone
residenti nel comune sintendono quelle aventi la propria dimora abituale nel
comune; disposizione ineccepibile che riprende esattamente la definizione di
residenza ex art. 43 del codice civile la residenza è il luogo in cui la persona
ha la dimora abituale, ma che non contribuisce a far luce sulla complessa
questione dei senza fissa dimora.
Il sistema anagrafico che scaturisce da queste enunciazioni
normative è molto chiaro, ma non altrettanto semplice nella sua pratica applicazione.
Si delineano infatti due diversi criteri di iscrizione anagrafica: il primo, che
possiamo considerare la regola generale, è quello fondato sulla residenza e cioè
sulla effettiva, abituale dimora sul territorio comunale; il secondo prescinde dalla
residenza sul territorio comunale ed è riservato appunto all'iscrizione di tutti
coloro che non hanno alcuna dimora abituale e per i quali, di conseguenza, non si può
nemmeno affermare che abbiano una residenza. Anche in questo caso la conferma di
questo principio la troviamo nella normativa anagrafica e precisamente allart. 2
della legge 24.12.1954 che afferma: la persona che non ha fissa dimora si
considera residente nel comune ove ha il domicilio, e in mancanza di questo nel
comune di nascita. Come dire che si tratta di persone per le quali la residenza
anagrafica non coincide con la residenza ex art. 43 del codice civile; e del resto
non potrebbe coincidere in quanto lelemento della residenza come dimora abituale
manca del tutto. E questo è il motivo per cui il legislatore ricorre quasi ad una
finzione giuridica, (si considera residente) allargando, ai soli fini
dell'iscrizione anagrafica di chi non è residente, i precisi confini della
definizione di residenza.
Queste considerazioni ci portano anche ad una ulteriore
riflessione circa i principi che hanno ispirato il legislatore in materia di
iscrizione nei registri anagrafici. Da un sistema normativo così delineato, infatti,
risulta chiara la volontà di iscrivere e cioè registrare nel pubblico registro della
popolazione residente, tenuto in ogni comune, tutte le persone dimoranti non
occasionalmente sul territorio nazionale1.
Ne deriva quindi che l'ufficiale d'anagrafe non dovrà limitarsi ad
accertare il requisito della dimora abituale prima di iscrivere una persona, ma dovrà
anche rispettare il diritto all'iscrizione anagrafica di coloro che una dimora
abituale non ce lhanno. È evidente come questa seconda ipotesi presenti una
complessità notevolmente superiore rispetto alla regola generale costituita, come si
osservava in precedenza, dall'iscrizione anagrafica fondata sul requisito della
residenza e cioè della dimora abituale.
È facile intuire infatti come, di fronte ad una persona senza
fissa dimora, l'ufficiale d'anagrafe sia innanzi tutto tentato di negare l'iscrizione
proprio per la mancanza del requisito della dimora abituale; al contrario, abbiamo
visto chiaramente che se una persona non si trova nel territorio dello Stato
occasionalmente, solamente per un periodo limitato e comunque a tempo determinato, ha
il diritto di essere iscritto all'anagrafe e l'ufficiale d'anagrafe ha l'obbligo di
iscriverlo secondo il criterio dell'elezione, e cioè della scelta, del
domicilio2 .
A questo punto, sempre ricordando che la vigente normativa non ci
fornisce alcuna indicazione sulle modalità operative inerenti l'iscrizione e
cancellazione delle persone senza fissa dimora, vanno chiariti alcuni concetti
fondamentali, utili anche per non incorrere in comportamenti illegittimi, così come
evidenziati da alcune recenti posizioni della dottrina e pronunce della
giurisprudenza.
Diritto soggettivo o interesse legittimo.
L'iscrizione anagrafica delle persone residenti, e cioè che hanno fissato la dimora
abituale nel comune, è un diritto soggettivo perfetto; è ugualmente un diritto
soggettivo perfetto l'iscrizione anagrafica delle persone senza fissa dimora, e
quindi senza residenza, che eleggono domicilio nel comune.
Lo afferma chiaramente la circolare del Ministero dell'Interno del
29 Maggio 1995 n.8:
La richiesta di iscrizione anagrafica, che costituisce un diritto soggettivo del
cittadino, non appare vincolata ad alcuna condizione, né potrebbe essere il
contrario, in quanto in tal modo si verrebbe a limitare la libertà di spostamento e
di stabilimento dei cittadini sul territorio nazionale in palese violazione dellart.
16 della Carta costituzionale.
Ma, soprattutto, è stata la giurisprudenza a configurare
l'iscrizione anagrafica come diritto soggettivo.3
Sul punto specifico riguardante il diritto all'iscrizione delle
persone senza fissa dimora si è espressa con estrema chiarezza la sentenza n.
10257 del 2.6.2003 del Tribunale di Milano, per altri versi non del tutto
convincente. La sentenza è relativa proprio al ricorso di un cittadino che aveva
presentato domanda di iscrizione all'anagrafe del comune di Milano, avendo ivi
stabilito il proprio domicilio quale persona senza fissa dimora, e al quale il comune
aveva negato l'iscrizione anagrafica. Ebbene il Tribunale afferma testualmente:
Deve innanzi tutto ritenersi che nel caso di autorizzazione all'iscrizione
allanagrafe si è in presenza di unattività vincolata ab origine, priva di alcun
potere discrezionale attribuito all'amministrazione, se non di carattere meramente
interpretativo. Il Comune, quale ufficiale del Governo, è tenuto esclusivamente a
dare applicazione alle norme regolanti la materia, sicchè in capo al cittadino
richiedente,qualora ricorrano tutti i presupposti, si configura un vero e proprio
diritto soggettivo all'iscrizione. Il controllo della Pubblica Amministrazione ha
carattere meramente formale e il provvedimento di accoglimento ha natura dichiarativa
e non costitutiva del suddetto diritto. Il Giudice del tribunale di Milano si
spinge anche oltre, fino a stabilire la colpa grave dell'ufficiale d'anagrafe che ha
negato l'iscrizione della persona senza fissa dimora; leggiamo infatti: Il
rigetto della domanda di iscrizione all'anagrafe deve nel caso di specie considerarsi
non scusabile, vista la sussistenza dei presupposti per laccoglimento, a facile
accertabilità degli stessi e la mancanza di discrezionalità nell'ambito del potere
puramente certativo della Pubblica Amministrazione.
Logico, date le premesse, che la sentenza abbia poi disposto
laccertata lesione del diritto soggettivo alla tempestiva iscrizione allanagrafe
comunale del ricorrente, oltre al riconoscimento di una congrua somma a titolo di
risarcimento.
Da questa sentenza non emergono le eventuali azioni poste in
essere dall'ufficiale d'anagrafe del comune di Milano nella fase istruttoria della
pratica in questione; è da ritenersi infatti che lunica possibile indagine che poteva
giustificare la negazione dell'iscrizione anagrafica a seguito di elezione di
domicilio, fosse costituita dallaccertamento, formalmente documentato, di una
effettiva dimora abituale del richiedente, il ché avrebbe contraddetto la dichiarata
situazione di senza fissa dimora e fatto sorgere lobbligo di iscrizione anagrafica
nel luogo di residenza. In assenza di una tale, accertata, situazione abitativa
(peraltro, è facile ipotizzare trattarsi di probatio diabolica), l'ufficiale
d'anagrafe del comune di Milano ha effettivamente adottato un comportamento
illegittimo, per cui non si può far altro che condividere la sentenza del Tribunale
di Milano.
Senza fissa dimora e senza tetto. Come
ripetutamente sottolineato, la vigente normativa, pur essendo molto generica, esprime
tuttavia un principio sufficientemente chiaro circa il diritto all'iscrizione
anagrafica delle persone senza fissa dimora, senza entrare nel merito della procedura
che l'ufficiale d'anagrafe deve adottare concretamente. Ci ha dovuto pensare lIstat
che, meritoriamente, nelle "Avvertenze, note illustrative e normativa AIRE, in Metodi e Norme
serie B, n. 29 ed. 1992", ha dato disposizioni interpretative e di concreta
attuazione dei principi stabiliti dalla legge e dal regolamento anagrafico. Ed è
proprio dallIstat che gli ufficiali d'anagrafe hanno imparato a distinguere fra
persone senza fissa dimora e persone senza tetto. Innanzi tutto però cè da chiedersi
quale fondamento giuridicamente accettabile abbia tale distinzione, di cui non si
trova traccia alcuna, né nella legge, né nel regolamento. LIstat infatti, nel
lodevole tentativo di indicare una regolamentazione e una prassi comportamentale
altrimenti assenti nel regolamento anagrafico, si avventura in una distinzione,
assolutamente arbitraria e poco chiara, fra la condizione delle persone senza fissa
dimora e le persone cosiddette senza tetto; tale distinzione ha finito
inevitabilmente per contagiare pressoché tutti gli ufficiali d'anagrafe, che, in
mancanza di una guida normativa sicura, si sono dovuti arrangiare adottando
comportamenti spesso difformi, a volte dettati solo dal buon senso e altre volte
decisamente illegittimi. Non mi soffermerò sulla distinzione elaborata dall'Istat,
per la cui comprensione si rinvia alle sopra citate "Avvertenze e note illustrative",
ma mi limiterò a ribadire che le uniche fonti normative vincolanti per gli
ufficiali d'anagrafe, e cioè la legge e il regolamento di esecuzione, fanno
riferimento ad una sola categoria: le persone senza fissa dimora, nella quale
rientrano, senza distinzione, tutti coloro che, non avendo il requisito della
residenza = dimora abituale in nessun comune, ma essendo stabilmente dimoranti sul
territorio italiano, hanno ugualmente diritto (soggettivo) all'iscrizione
anagrafica. Un discorso a parte meritano le modalità di iscrizione, che
possono anche essere diversificate, proprio in virtù di una già evidenziata carenza
normativa.
Stranieri senza fissa dimora. A volte è proprio
vero che le disgrazie non vengono mai sole. Essere stranieri non è certo una
condizione privilegiata, e questo vale, ovviamente con le dovute eccezioni, sia per
stranieri presenti in Italia che per gli italiani allestero. Ma se allessere
straniero si aggiunge anche la disgrazia di non avere una dimora abituale e quindi
una residenza, allora la situazione si fa davvero critica, per non dire disperata. Se
a questo si aggiungono i cervellotici comportamenti (meglio sarebbe chiamarli
razzisti) di alcuni ufficiali d'anagrafe, allora il quadro è proprio completo, oltre
che desolante. In materia di iscrizione anagrafica dei cittadini stranieri, senza
distinzione alcuna fra comunitari e non, vige un principio cardine, assoluto e
prevalente su ogni altro principio o disposizione del nostro ordinamento giuridico;
principio che, fra laltro, è ben noto (o almeno dovrebbe esserlo) a tutti gli
ufficiali d'anagrafe. Sono davvero poche le norme vigenti in materia anagrafica e
riguardanti gli stranieri, e fra queste poche disposizioni la più importante è senza
dubbio alcuno quella enunciata dal comma 7 dellart. 6 del D.Lgs. n. 286/1998 Testo
unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla
condizione dello straniero, che così si esprime: le iscrizioni e variazioni
anagrafiche dello straniero regolarmente soggiornante sono effettuate alle medesime
condizioni dei cittadini italiani con le modalità previste dal regolamento di
attuazione. Lo stesso, identico concetto è ribadito dallart. 15 del DPR n.
394/1999. E quindi del tutto evidente che il cittadino straniero, in possesso di
regolare permesso di soggiorno, che non si trovi occasionalmente e temporaneamente in
Italia, abbia il sacrosanto diritto all'iscrizione anagrafica o nel comune e nel
luogo di residenza, e cioè di dimora abituale, oppure, se non ha residenza, nel
comune in cui elegge domicilio: esattamente ciò che la norma prescrive per un
cittadino italiano. Sembrerebbe anche una precisazione del tutto inutile, se non
fosse che, incredibilmente, ci sono comuni che rifiutano sistematicamente e, anzi,
non prendono neppure in considerazione, le eventuali richieste di iscrizione
anagrafica di cittadini stranieri senza fissa dimora. A meno che questi solerti
funzionari non siano abituati ad interpretare il diritto a rovescio, cosicchè la
condizione per un regolare ingresso, soggiorno e iscrizione anagrafica in Italia non
sia il permesso di soggiorno, ma, al contrario, sia la dimora abituale, e magari,
perché no, in una villa sul lago di Como ...
In proposito vorrei anche ricordare che l'errore, grossolano, di
confondere le norme sullingresso e soggiorno degli stranieri, con le norme
anagrafiche, ha illustri precedenti; basti ricordare lesempio più recente relativo
all'iscrizione anagrafica dei bambini nati da genitori stranieri residenti in Italia.
Il Consiglio di Stato ha chiarito che in materia di iscrizioni e variazioni
anagrafiche si deve applicare integralmente e solamente la normativa anagrafica, e
cioè la legge n. 1228 del 1954 e il D.P.R. n. 223 del 1989, in quanto le sopravvenute
norme riguardanti la condizione dello straniero hanno già provveduto a modificare,
laddove ritenuto necessario, la normativa anagrafica vigente.4 A quanto pare ciò non è bastato, se è
vero che vi sono ancora ufficiali d'anagrafe che continuano a fare confusione fra
norme che disciplinano lingresso e il soggiorno degli stranieri e norme che invece
disciplinano la regolare tenuta dell'anagrafe della popolazione residente; se poi a
qualche ufficiale d'anagrafe piace tanto fare il poliziotto, può fare domanda di
mobilità: cè sempre grande bisogno di questa meritoria figura professionale, fra
l'altro, sottodimensionata rispetto alle reali esigenze del Paese.
Modalità di iscrizione all'anagrafe. È l'aspetto
che risente maggiormente della carenza normativa; legge e regolamento anagrafico non
spendono una sola parola sulle modalità operative concrete che l'ufficiale d'anagrafe
deve adottare qualora si presenti lesigenza di iscrivere o cancellare una
personasenza fissa dimora o senza tetto, se proprio si vuole mantenere questa
distinzione priva di fondamento giuridico. Per fortuna l'Istat, sempre nelle
Avvertenze e note illustrative, detta istruzioni, non esaustive, ma sufficienti a
mettere l'ufficiale d'anagrafe in condizione di poter operare con correttezza.
Vorrei, anzi, sottolineare che le istruzioni dell'Istat assumono una valenza
addirittura vincolante, proprio in virtù del fatto che intervengono, non già con
valore interpretativo di una norma giuridica, ma per disciplinare il comportamento
degli ufficiali d'anagrafe; L'ISTAT, infatti, nella sua qualità di organo
superiore di vigilanza (art. 12 della legge n. 1228/1954 e art. 54 del DPR n.
223/1989), è intervenuto in una materia che, come detto, non è normata. Le
disposizioni dell'Istat si possono così riassumere: "La persona senza fissa dimora
elegge il domicilio, ai fini dell'iscrizione anagrafica, in un comune di sua
scelta5. Il fatto che una persona sia
senza fissa dimora o, come sarebbe più corretto dire, senza dimora abituale, lo
rende, inevitabilmente, libero di scegliere un qualsiasi comune nel quale eleggere il
domicilio e quindi essere iscritto allanagrafe. Se effettivamente si tratta di una
persona senza dimora abituale l'ufficiale d'anagrafe, come giustamente affermato
nella sentenza del Tribunale di Milano, sopra citata, è tenuto esclusivamente a
dare applicazione alle norme regolanti la materia, sicchè in capo al cittadino
richiedente, qualora ricorrano tutti i presupposti, si configura un vero e proprio
diritto soggettivo all'iscrizione.
"L'Istat, come già detto, distingue la situazione dei senza fissa
dimora da quella dei senza tetto; questi ultimi sono individuati in coloro che per
mancanza di alloggio stabile si spostino frequentemente nell'ambito dello stesso
Comune. Anche costoro però hanno il diritto soggettivo all'iscrizione anagrafica che
avverrà allindirizzo indicato dallo stesso interessato; in realtà, quindi, si tratta
di una distinzione che da un punto di vista sostanziale ha scarsa importanza e che
riguarda solo lindirizzo con il quale iscrivere la persona senza fissa dimora o senza
tetto.
"Salvo il caso in cui l'interessato, senza fissa dimora, che
elegge domicilio nel comune, indichi anche lindirizzo presso il quale intende essere
iscritto (a condizione che a tale scelta non vi ostino diritti pubblici o privati),
in tutti gli altri casi, l'ufficiale d'anagrafe deve istituire una via
territorialmente non esistente, quindi fittizia, alla quale lo stesso ufficiale
d'anagrafe dà un nome convenzionale, di fantasia. Le persone senza fissa dimora e
anche quelle senza tetto che non hanno indicato esse stesse un indirizzo, dovranno
essere iscritte con lindirizzo (via e numero civico) di questa via fittizia, di fatto
inesistente, ma istituita con regolare atto amministrativo dall'ufficiale
d'anagrafe6.
Senza fissa dimora e irreperibilità. Si tratta di
due condizioni praticamente e giuridicamente inconciliabili tra loro. Chiunque abbia
incautamente tentato di intraprendere la strada della cancellazione per
irreperibilità di una persona senza fissa dimora, si sarà ben presto reso conto che
stava praticamente tentando limpossibile. In effetti, basta considerare che il
presupposto indispensabile all'iscrizione di questa particolare categoria di persone
è costituito da una situazione di mancanza di fissa dimora, o meglio sarebbe dire di
mancanza di dimora, per renderci immediatamente conto che non si può cancellare per
irreperibilità chi si trovi a vivere questa condizione come abituale e naturale.
Abbiamo visto come vi possano essere persone senza fissa dimora nellambito del
territorio comunale, che cioè dimorano abitualmente nello stesso comune, ma non in un
luogo o in una abitazione fissa di cui non hanno la disponibilità; ma vi sono anche
persone senza fissa dimora che si spostano su un territorio molto più ampio rispetto
ai limiti territoriali di un singolo comune. E abbiamo anche visto come, in base
allattuale legislazione, tutte queste persone, delluna e dellaltra categoria, abbiano
il diritto soggettivo ad eleggere domicilio in un qualsiasi comune, di loro scelta,
al fine di essere iscritti nei registri anagrafici di quel comune. Dati questi
presupposti, è evidente che si tratta di persone che possono essere reperibili in un
luogo determinato, permanentemente o saltuariamente, ma possono anche sfuggire,
legittimamente, ad ogni controllo di reperibilità e ad ogni ricerca effettuata
dall'ufficiale d'anagrafe del comune in cui sono iscritti, senza peraltro avere alcun
obbligo di dimorarvi.
Di conseguenza, la persona iscritta in anagrafe come senza fissa
dimora non può essere cancellata per irreperibilità a seguito di ripetuti
accertamenti opportunamente intervallati, ai sensi dellart. 11, lett. c), seconda
parte, del DPR n. 223/1989.
Per quanto riguarda invece la cancellazione per irreperibilità
accertata a seguito delle risultanze del censimento generale della popolazione, in
questo caso la cancellazione appare legittima, in quanto il censimento viene
effettuato su base territoriale nazionale e tutte le persone presenti sul territorio
nazionale hanno lobbligo di censirsi, recandosi anche personalmente presso gli uffici
appositamente costituiti.
Senza dimora e senza famiglia. Un problema che
nemmeno lIstat nelle citate Avvertenze e note illustrative ha affrontato, è quello
relativo alla possibilità o meno di istituire schede di famiglia delle persone senza
fissa dimora. Sul piano strettamente giuridico, lanalisi letterale delle poche
disposizioni normative esistenti in materia, sembra escludere tale possibilità.
Infatti sia lart. 1 della legge n. 1228, sia lart. 1 del DPR n. 223 concepiscono la
tenuta dellanagrafe come la registrazione delle posizioni relative alle singole
persone, alle famiglie ed alle convivenze, che hanno fissato nel comune la
residenza, aggiungendo subito dopo le posizioni relative alle persone che
hanno stabilito nel comune il proprio domicilio. Ciò sembrerebbe far ritenere
che le persone senza fissa dimora non possano formare né una famiglia né una
convivenza, ma debbano sempre essere iscritte in anagrafe come persone singole; per
intenderci, compilando la sola scheda individuale. Inoltre non va tralasciato un
aspetto ancora più rilevante, costituito dalla definizione di famiglia anagrafica ex
art. 4 del DPR 223/1989. Questa norma dispone che gli elementi costitutivi della
famiglia anagrafica devono essere di due tipologie; il primo: lesistenza di un
rapporto di parentela, matrimonio, affinità, adozione, tutela o anche solamente
lesistenza di vincoli affettivi; il secondo: la coabitazione e la dimora abituale
nello stesso comune. È fin troppo evidente che, mentre il primo requisito può
benissimo esistere ed essere opportunamente documentato, il secondo, quello della
coabitazione e della dimora abituale, non può esistere in quanto si porrebbe in
assoluta contraddizione con la stessa ragion dessere dell'iscrizione della persona
senza fissa dimora. Daltra parte, ogni ufficiale d'anagrafe sa bene, per esperienza,
che fra i senza fissa dimora non ci sono solo persone singole (in particolare si
tratta spesso di persone emarginate, in difficoltà proprio perché non hanno più una
famiglia) ma vi sono anche casi di veri e propri nuclei familiari, a volte anche con
figli minori, che si trovano in questa condizione, non solo per situazioni di disagio
e di emarginazione, ma, a volte, anche per motivi di lavoro, scelta di vita, ecc.
(quelli che lIstat identifica come: girovaghi, artisti delle imprese spettacoli
viaggianti, commercianti e artigiani ambulanti, ecc.). In questi casi sembrerebbe più
logico e conforme al sistema anagrafico, istituire anche la scheda di famiglia.
In effetti, questa soluzione, a determinate condizioni, potrebbe
anche essere considerata legittima, se solo si faccia un'analisi giuridica che parta
da presupposti contrari a quelli evidenziati in precedenza.
Possiamo infatti ritenere che per costituire una famiglia di
persone senza fissa dimora sia necessario e sufficiente l'esistenza, fra i componenti
della famiglia stessa, del primo dei requisiti sopra descritti; il secondo requisito,
quello della coabitazione, non può essere richiesto perché impossibile, essendo
inesistente per definizione stessa della fattispecie in questione. Sulla base di
questo ragionamento, a mio parere sostenibile, per costituire una famiglia anagrafica
costituita di persone senza fissa dimora sarà necessario e sufficiente accertare
lesistenza fra i componenti di un legame di matrimonio, parentela, affinità,
adozione, tutela o vincoli affettivi.
Quest'ultima considerazione, ma direi tutta lanalisi della
questione, dà la misura della necessità urgente di intervenire con una
regolamentazione legislativa in una materia che, come ho ripetuto più volte, ne è
quasi totalmente priva. Nel frattempo non si può che esprimere l'auspicio che gli
ufficiali d'anagrafe, di fronte a persone che sono, nella stragrande maggioranza dei
casi, in difficoltà, spesso in condizione di grave disagio psicologico, sociale ed
economico, adottino comportamenti legittimi e rispettosi del loro diritto soggettivo
all'iscrizione anagrafica.
In uno stato di diritto, i diritti soggettivi perfetti devono
avere dimora abituale, stabile e garantita, per tutti coloro che ne sono titolari;
diversamente, gli interventi dei Tribunali, per ora limitati, diverranno molto più
frequenti e gli ufficiali d'anagrafe inadempienti non avranno motivo di
rallegrarsene.
NOTE
1 - L'intenzione del legislatore è presto detta ed è questa:
ogni persona, qualunque essa sia, è un soggetto anagrafico; qualunque soggetto
anagrafico, dovunque e comunque risieda, dimori o soggiorni nel territorio nazionale,
deve essere, volente o nolente, iscritto in anagrafe. Nessuna persona, quindi, può
sottrarsi allobbligo dell'iscrizione nel registro della popolazione residente. Se
l'interessato non vi provvede personalmente e di sua spontanea volontà, vi deve
provvedere d'ufficio l'ufficiale d'anagrafe o tenendo conto dello stato di fatto o
basandosi sulle presunzioni previste dalla legge. Così Erminio Lucarelli: Sulla
iscrizione anagrafica delle persone senza fissa dimora in Lo Stato Civile
Italiano - ottobre 1995 pag. 754.
2 - Eleggere domicilio è, dunque, una scelta
incondizionatamente libera ed esclusiva del richiedente; il che esclude non solo
l'opportunità ma la stessa legittimità di un preaccertamento ai fini
dell'accoglimento della richiesta. Di conseguenza, l'ufficiale d'anagrafe che si
trovi in contatto con un soggetto senza fissa dimora bisognoso di iscrizione
anagrafica non dovrà porsi il problema dellabitualità della dimora. Così Paolo
Morozzo Della Rocca: Il diritto alla residenza: un confronto tra principi
generali, categorie civilistiche e procedure anagrafiche; in: Il diritto di famiglia
e delle persone, Giuffrè Ed. 2003/4.
3- In tal senso si sono espressi il Consiglio di Stato, IV, 18
gennaio 1990, n. 14; il T.A.R. Lombardia - Sezione III - Sentenza 1° dicembre 2003,
n. 5463; la Cassazione Sezioni Unite Civili, n. 449, del 19.6.2000.
4 - Parere del Consiglio di Stato - Sezione I - n.5453/03 del
4.2.2004 dove, fra l'altro, si legge: L'iscrizione anagrafica dello straniero
regolarmente soggiornante e le variazioni di tale iscrizione sono, poi, disciplinate
dallart. 6, comma 7, del T.U. : la norma precisa che esse sono effettuate alle
medesime condizioni dei cittadini italiani con le modalità previste dal regolamento
di attuazione, e cioè dal regolamento emanato con D.P.R. n. 394 del 1999.La
disciplina dell'iscrizione anagrafica dello straniero è posta dallart. 15 di tale
regolamento; la norma precisa, peraltro, al comma 1, che le iscrizioni e variazioni
anagrafiche dello straniero regolarmente soggiornante sono effettuate nei casi e
secondo i criteri previsti dalla legge 24 dicembre 1954, n. 1228 e dal regolamento
anagrafico della popolazione residente, approvato con D.P.R. n. 223 del 1989, come
modificato dal regolamento emanato con D.P.R. n. 394 del 1999. (omissis). La sezione
osserva, innanzi tutto, che in linea generale non sembra porsi un problema di
coordinamento tra la normativa contenuta nel regolamento anagrafico emanata con
D.P.R. n. 223 del 1989 e la nuova disciplina sopravvenuta regolante la condizione
dello straniero, posta dal D.Lgs. n. 286 del 1998 e dal D.P.R. n. 394 del 1999. Tale
coordinamento è stato, infatti, già effettuato con il regolamento recante le norme di
attuazione della disciplina sull'immigrazione (D.P.R. 394 del 1999) che ha appunto
modificato, ove necessario, per renderlo compatibile con le disposizioni sopravvenute
sullimmigrazione, il regolamento di anagrafe emanato con il DPR n. 223 del 1989. In
virtù del combinato disposto dellart. 6, comma 7 del D.Lgs. n. 286 del 1998 e
dellart. 15 del DPR n. 394 del 1999, nei confronti dello straniero regolarmente
residente in Italia, con riferimento alle iscrizioni e variazioni anagrafiche che lo
riguardano, trova integrale applicazione la disciplina posta dalla legge n. 1228 del
1954 e dal regolamento emanato con D.P.R. n. 223 del 1989, come modificato dal
cennato D.P.R. n. 394 del 1999.
5 - Infatti il domicilio, e cioè il luogo in cui una persona
stabilisce la sede principale dei suoi affari e interessi, è lunico elemento che
possa legare il senza fissa dimora ad un determinato Comune; inoltre l'iscrizione
anagrafica nel Comune di domicilio viene incontro ai legittimi interessi del
cittadino senza fissa dimora, conferendogli la possibilità di iscriversi nellanagrafe
di quel Comune che possa essere considerato - nei continui spostamenti dipendenti
dalla natura della sua attività professionale - come quello dove più frequentemente
egli fa capo, ovvero ha dei parenti o un centro di affari o un rappresentante o
addirittura il solo recapito e che per lui sia più facilmente raggiungibile per
ottenere le certificazioni anagrafiche occorrenti. La scelta dell'elezione del
domicilio ai fini anagrafici deve essere lasciata, evidentemente,
all'interessato. Tratto da: Istat Metodi e norme ed. 1992 Avvertenze generali
sulle disposizioni contenute nella legge.
6 - Sul punto, non si concorda con gli autori del Manuale
pratico dell'ufficiale d'anagrafe Franco Gabellini, Alessandro Francioni, Catia
Cecchini Maggioli Editore -che nella modulistica a pag. 62, attribuiscono alla Giunta
comunale il potere di adottare la delibera che istituisce la via convenzionale dei
senza dimora.
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