|
A - AVVERTENZE GENERALI SULLE DISPOSIZIONI CONTENUTE NELLA LEGGE
1. Per avere titolo all’iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente (art. 1) di un Comune
è necessario che una persona abbia la dimora abituale in quel Comune, in armonia con la
definizione che della residenza è dettata dall’art. 43 del Codice civile. A questo propositoè
opportuno far presente che ai fini dell’iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente non è
sufficiente la semplice manifestazione di volontà del soggetto, ma è necessario anche il
verificarsi di un determinato stato di fatto, costituito appunto dall’effettiva dimora abituale nel
Comune.
2. Nell’intento di assicurare la massima aderenza delle risultanze anagrafiche alle varie
situazioni di fatto che possono verificarsi in concreto, si è ritenuto di non fissare particolari
condizioni alla cui esistenza sia vincolato il riconoscimento della residenza abituale nel
Comune.
Le Amministrazioni comunali hanno, però, l’obbligo di effettuare opportuni accertamenti - che
risulteranno più efficaci se eseguiti anche in occasione della richiesta di certificazioni - ogni
qualvolta l’Amministrazione comunale abbia giustificati motivi di dubitare della veridicità delle
dichiarazioni dell’interessato.
3. Una delle innovazioni più importanti della legge è costituita dalla estensione della disciplina
anagrafica anche alle persone senza fissa dimora che in precedenza erano sempre sfuggite ad
ogni registrazione.
Anzitutto è bene precisare che ai fini anagrafici non deve essere considerata persona senza
fissa dimora colui che per ragioni professionali o per mancanza di alloggio stabile si sposti
frequentemente nell’ambito dello stesso Comune; è evidente, infatti, che in una simile
circostanza l’unico problema che potrà sorgere sarà quello di stabilire l’indirizzo da riportare
negli atti anagrafici, problema che, peraltro, potrà essere generalmente risolto interpellando lo
stesso interessato.
Persona senza fissa dimora è, invece, ai fini anagrafici, chi non abbia in alcun Comune quella
dimora abituale che è elemento necessario per l’accertamento della residenza (girovaghi,
artisti delle imprese spettacoli viaggianti, commercianti e artigiani ambulanti, ecc.);
orbene, per tali persone si è adottato il criterio dell’iscrizione anagrafica nel Comune di
domicilio.
Infatti il domicilio, e cioè il luogo in cui una persona stabilisce la sede principale dei suoi affari
e interessi, è l’unico elemento che possa legare il senza fissa dimora ad un determinato
Comune; inoltre l’iscrizione anagrafica nel Comune di domicilio viene incontro ai legittimi
interessi del cittadino senza fissa dimora, conferendogli la possibilità di iscriversi nell’anagrafe
di quel Comune che possa essere considerato - nei continui spostamenti dipendenti dalla
natura della sua attività professionale - come quello dove più frequentemente egli fa capo,
ovvero ha dei parenti o un centro di affari o un rappresentante o addirittura il solo recapito e
che per lui sia più facilmente raggiungibile per ottenere le certificazioni anagrafiche occorrenti.
4. La scelta dell’elezione del domicilio ai fini anagrafici deve essere lasciata, evidentemente,
all’interessato.
La legge ha previsto anche il caso in cui non sia possibile ottenere dall’interessato l’elezione di
domicilio; questa ipotesi dovrebbe costituire una eccezione e quindi il criterio supplettivo
dell’iscrizione nel Comune di nascita si deve considerare una “extrema ratio” alla quale far
ricorso in casi eccezionali.
È bene precisare, in questa sede, che l’articolo in questione, allorché dispone: «Per tutti gli
altri, soggetti all’obbligo della residenza, ai quali non possano applicarsi i criteri sopraindicati, è
istituito apposito registro presso il Ministero dell’Interno», intende riferirsi a persone senza
fissa dimora che non siano nate in Italia ed i cui genitori non siano parimenti nati in Italia e per
le quali non sia possibile accertare il Comune di domicilio.
Infatti in qualsiasi altra ipotesi l’applicazione dei criteri contemplati dall’art. 2 della legge
sarebbe sufficiente ad evitare il ricorso all’iscrizione nel predetto registro.
5. La disposizione concernente l’obbligo di chiedere l’iscrizione anagrafica per sè e per le
persone sulle quali si esercita la potestà o la tutela deve essere interpretata nel senso che tale
obbligo grava normalmente su chi la esercita. Al riguardo, giova, comunque, far presente che il
contenuto dell’art. 2 della legge deve essere interpretato alla stregua del principio al quale è
informato il nostro sistema anagrafico che impone appunto l’iscrizione delle persone
nell’anagrafe del Comune ove esse effettivamente sono residenti: pertanto, qualora il minore si
trasferisca di fatto in un Comune diverso da quello di residenza della persona che esercita la
potestà o la tutela, la dichiarazione anagrafica dovrà essere fatta da un componente della
famiglia presso la quale il minore va a convivere e l’iscrizione del minore può essere eseguita
anche senza il consenso di colui che esercita la potestà o la tutela.
Per la stessa considerazione per la quale l’anagrafe, secondo il sistema accolto nella legge n.
1228, deve riflettere la reale ed effettiva distribuzione, nel territorio dei vari Comuni, della
popolazione ivi residente, i coniugi che per qualsiasi motivo vivono separatamente in Comuni
diversi devono essere iscritti nell’anagrafe del Comune nel quale ciascuno di essi ha la dimora
abituale e ciò senza pregiudizio dei diritti e doveri ad essi derivanti dal matrimonio per effetto
delle disposizioni del Codice civile.
6. La natura pubblica degli atti anagrafici, già più volte sostenuta dagli studiosi di problemi
concernenti la materia amministrativa, viene esplicitamente affermata nell’art. 1; in tal modo
si è inteso opportunamente di evitare per l’avvenire quelle incertezze che in passato erano
state fonte di controversie con più di una Amministrazione comunale. Il riconoscimento di atti
pubblici non comporta come conseguenza la libertà di consultazione da parte dei cittadini ed
infatti l’art. 37 del regolamento pone il più assoluto divieto in materia; deriva, invece, dal
predetto carattere la conseguenza della possibilità da parte del cittadino di ottenere
certificazioni sia pure con le limitazioni previste dalla legge per particolari notizie.
7. Gli articoli 9 e 10 della legge anagrafica contengono le disposizioni di carattere generale
circa gli adempimenti topografici ed ecografici; le particolari norme tecniche, emanate
dall’Istituto nazio-nale di statistica in esecuzione di quanto prescrive la legge stessa, sono
riportate in appendice (Istruzioni per la formazione del piano topografico e per l’ordinamento
ecografico).
B - AVVERTENZE E NOTE ILLUSTRATIVE RELATIVE AL REGOLAMENTO ANAGRAFICO.
Anagrafe della popolazione residente, ufficiale di anagrafe delegato, famiglie e convivenze
anagrafiche.
1. L’anagrafe della popolazione residente, già conosciuta come Registro della popolazione
residente, è una raccolta sistematica delle posizioni relative a singole persone, famiglie o
convivenze che sono iscritte nell’anagrafe dei residenti del Comune.
La posizione relativa agli stranieri va tenuta evidenziata (art. 24).
Nel Comune stesso può essere istituita una raccolta di posizioni relative a persone, che sono
già - da almeno quattro mesi - temporaneamente dimoranti ma non ancora nelle condizioni di
poter chiedere di essere iscritte nell’anagrafe dei residenti (art. 32).
2. Con l’art. 2 si è inteso confermare, quanto previsto dall’art. 3 della legge 24/12/1954 n.
1228, che il Sindaco può delegare e revocare, previa approvazione del Prefetto, in tutto o in
parte, le funzioni di ufficiale di anagrafe al segretario comunale o ad altri impiegati di ruolo del
Comune ritenuti idonei.
Per quanto riguarda la delega all’assessore, tale disposizione dovrà essere confrontata con gli
statuti che i Comuni adotteranno ai sensi dell’art. 4 della legge 8-6-90 n. 142.
3. Fanno parte della popolazione residente di un Comune le persone italiane o straniere che
hanno la dimora abituale nel Comune stesso e le persone «senza fissa dimora» che eleggono
domicilio nel Comune medesimo (art. 1).
La libera scelta da parte di una persona o famiglia di dimorare abitualmente in un Comune
costituisce, di per sè, volontà di fissare la residenza in quel Comune (art. 16 della
Costituzione).
Tale residenza, già di fatto esistente, diventa, ai fini anagrafici, giuridicamente rilevante il
giorno in cui questa volontà verrà manifestata all’ufficiale di anagrafe o lo stesso ne prenderà
atto d’ufficio, nei modi formali previsti.
Al concetto di residenza già illustrato nella parte relativa alla legge anagrafica, sembra
opportuno aggiungere, in questa sede, che tra le categorie di cui al comma 2 dell’art. 3 devono
essere comprese:
a) quelle che si recano all’estero per un periodo inferiore ad un anno o anche, ogni anno, per i
soli periodi relativi all’esercizio di occupazioni stagionali;
b) quelle che si assentano dal Comune e dimorano in un altro Comune per un periodo inferiore
ad un anno;
c) quelle che - per raggiungere il Comune ove svolgono la loro attività professionale - si
assentano da quello di dimora abituale, nel quale hanno l’abitazione, la famiglia, l’iscrizione
anagrafica, facendovi ritorno seralmente o anche settimanalmente. Al riguardo è necessario
richiamare l’attenzione sul fatto che non è da considerarsi Comune di residenza e quindi di
iscrizione anagrafica quello ove una persona si reca al mattino per esplicarvi la sola attività
professionale e che seralmente abbandona per rientrare nel Comune nel quale ha l’abitazione e
la famiglia. Ciò dicasi, in particolare, per i dipendenti dello Stato;
d) quelle persone che si assentano dal Comune di dimora abituale saltuariamente, per recarsi
in altro Comune dove dispongono di una seconda abitazione, o posseggono immobili da
amministrare, oppure hanno vari interessi, anche notevoli, da tutelare.
Per tali casi è da precisare che l’abitualità della dimora non è incompatibile con gli
allontanamenti anche se frequenti, le cui cause sono da attribuirsi ai più svariati motivi quali ad
esempio la villeggiatura, o talune attività della campagna (mietitura, vendemmia, ecc.) in
quanto, al termine di questo, il ritorno è sempre nello stesso Comune: e ciò dimostra che
questo Comune è considerato realmente quello di dimora abituale.
I rientri temporanei od occasionali nel Comune di residenza non interrompono il periodo da
calcolare ai fini dell’assenza stabilito in un anno dall’art. 1 comma 8 della legge AIRE (L. 27
ottobre 1988, n. 470).
4. La definizione di famiglia anagrafica (art. 4) si ispira fondamentalmente ai criteri stabiliti
dalle precedenti norme in materia anagrafica ma segna un netto cambiamento rispetto al
precedente rego-lamento, per quanto concerne quello che potrebbe definirsi il “vincolo
economico” tra i componenti della famiglia. Infatti il criterio di individuare il legame economico
tra i componenti della famiglia nella messa in comune di tutto o parte del reddito di lavoro o
patrimoniale da essi percepito, e considerarlo quale elemento costitutivo della famiglia, è stato
abolito; ne consegue che per i nuclei familiari che, pur continuando a coabitare, abbiano una
economia distinta, non possono essere costituite, a richiesta degli interessati oppure a seguito
di accertamenti d’ufficio, separate schede di famiglia.
È stato così ben definito il concetto di “famiglia anagrafica” nel senso che per la formazione di
essa è sufficiente che le persone che la costituiscono coabitino e siano legate da vincoli di
matrimonio, parentela, affinità, adozione, tutela ed anche da soli vincoli affettivi. Ciò nella
considerazione che compito dell’anagrafe è quello di registrare le persone residenti in un
determinato Comune e di fornire, inoltre, per finalità amministrative (certificazioni) e di studio,
notizie su quei raggruppamenti di persone coabitanti, ed aventi i precisati vincoli, che
costituiscono appunto le “famiglie anagrafiche”, in armonia con la funzione caratteristica
dell’anagrafe che è quella di rispecchiare lo stato di fatto.
Un particolare cenno merita la posizione dei domestici, autisti, giardinieri e simili che coabitano
con la famiglia del datore di lavoro. Per essi il precedente regolamento prevedeva l’istituzione
di una particolare scheda individuale nell’ambito della stessa famiglia anagrafica come “membri
aggregati”. L’attuale regolamento non consente una normativa particolare, per cui saranno
iscritti in una scheda di famiglia a parte, a meno che non dichiarino di essere legati da tempo
alla famiglia predetta da vincoli affettivi, nel qual caso costituiranno famiglia anagrafica unica.
La prova dei “vincoli affettivi” di cui alla definizione della famiglia anagrafica - art. 4 -viene
riconosciuta alla dichiarazione che gli interessati rendono al momento della costituzione o
subentro nella famiglia.
La dichiarazione già resa sull’esistenza dei vincoli affettivi non può essere soggetta a continui
ripensamenti. I vincoli stessi sono da ritenersi cessati soltanto con il cessare della coabitazione.
Una persona o famiglia che coabita - nello stesso appartamento - con altra persona o famiglia
possono dar luogo a due distinte famiglie anagrafiche se tra i componenti delle due famiglie
non vi sono i vincoli di cui all’art. 4.
Invece, non costituiscono famiglia anagrafica a se stante i figli che si sposano e continuano a
coabitare con i genitori.
Una famiglia anagrafica può essere composta anche da una sola persona.
Molti Enti, nel richiedere certificazioni, fanno riferimento al nucleo familiare. Ovviamente tali
Enti saranno responsabili, insieme a chi rivendica l’esistenza di particolari diritti, dell’eventuale
uso improprio dei certificati. Infatti, spesso le disposizioni che si riferiscono alla “famiglia” e al
“nucleo familiare” non hanno come oggetto la “famiglia anagrafica”; pertanto in questi casi la
certificazione anagrafica di “stato di famiglia” non risponde allo scopo ma risultano molto più
idonee specifiche dichiarazioni degli interessati - rese ai sensi degli artt. 2 e 4 della legge
4.1.1968, n. 15 - per le quali, peraltro, molti Enti predispongono appositi moduli.
5. Per quanto concerne il concetto di convivenza anagrafica (art. 5), si fa osservare che per la
individuazione di essa è stato messo in rilievo quale elemento distintivo il particolare motivo
che ha deter-minato l’associazione delle persone che la compongono.
La coabitazione in un appartamento non determinata da una delle relazioni di cui alla
definizione della famiglia anagrafica ma da motivazioni sociali e simili, non riconducibili al
concetto di famiglia, può costituire convivenza. Si potranno, quindi, avere convivenze
anagrafiche di assistiti, di operai, di studenti, ecc. cioè “altri tipi di convivenze” aggiuntive alle
tradizionali e note convivenze militari, religiose, assistenziali, ecc..
6. Nel regolamento anagrafico del 1958 era prevista la figura del“capo famiglia anagrafico” al
fine di definire, nell’ambito della famiglia anagrafica, le persone cui incombeva l’obbligo delle
dichiarazioni anagrafiche.
L’attuale regolamento, allo scopo di adeguare la normativa anagrafica alla vigente legislazione,
ha abolito la figura del capo famiglia e considera responsabile delle dichiarazioni anagrafiche
ogni componente maggiorenne della famiglia stessa.
Vi è, tuttavia, necessità che, all’atto della formazione della scheda di famiglia, venga
individuata, per fini organizzativi, la persona da indicare quale intestatario della scheda stessa.
L’intestatario sarà indicato all’ufficiale di anagrafe dagli stessi componenti della famiglia al
momento della sua costituzione, secondo le modalità dell’art. 21 del presente regolamento.
Si sottolinea che una scheda di famiglia può essere intestata anche ad un minorenne, quando
quest’ultimo non coabiti con persone maggiorenni che formino con lui una stessa famiglia
anagrafica con l’avvertenza di indicare, nella scheda stessa, il cognome e nome del titolare
della potestà sul minore.
Si è reso opportuno sostituire anche il termine “capo convivenza” con quello di “responsabile
della convivenza”. Questi, normalmente, è da individuarsi in colui che dirige la convivenza; può
anche non far parte della convivenza anagrafica, ma avere una posizione anagrafica fuori di
essa o presso la propria famiglia iscritta nello stesso Comune o in un Comune diverso.
Anche il componente della convivenza, purché abbia la capacità di agire, può
presentare direttamente all’ufficiale di anagrafe dichiarazioni relative a variazioni o
mutazioni anagrafiche che lo riguardano.
Le dichiarazioni, però, non vistate dal responsabile della convivenza saranno oggetto di
accertamento da parte dell’ufficiale di anagrafe.
Iscrizioni, mutazioni e cancellazioni anagrafiche.
7. Al fine di evitare l’omissione ovvero la duplicazione dell’iscrizione anagrafica di un nato da
genitori residenti in Comuni diversi, il regolamento anagrafico prescrive (art. 7) appositi
adempimenti, nell’intento di evitare che si verifichino disguidi nell’iscrizione del nato stesso.
A tale scopo si è ritenuto di abbandonare il criterio della rispondenza dell’iscrizione anagrafica
all’effettiva situazione di fatto della dimora e privilegiare il criterio più sicuro della prima
iscrizione anagrafica “ipso iure” rispettivamente o nel Comune di residenza dei genitori, della
madre, del padre o in quello della persona o Ente cui il nato è affidato.
Al riguardo, si ritiene opportuno ricordare che sia la norma contenuta nell’art. 78
dell’Ordinamento dello stato civile (R.D. 9 luglio 1939, n. 1238) sia l’obbligo di cui alla legge 24
dicembre 1954, n. 1228, sono preordinati al fine di agevolare l’aggiornamento degli atti
anagrafici.
Pertanto, l’ufficiale dello stato civile, nel richiedere al denunciante le rituali notizie relative alla
nascita, deve assicurarsi che venga dichiarato il Comune d’iscrizione anagrafica dei genitori, o
della madre qualora i genitori stessi abbiano l’iscrizione anagrafica in Comuni diversi, o quello
del padre qualora la madre resti sconosciuta o, infine, quello della persona o ente cui il
neonato è affidato; ciò per adempiere con certezza sia all’obbligo della trascrizione di cui al
precisato art. 78 dell’Ordinamento dello stato civile sia al conseguente aggiornamento degli atti
anagrafici.
Oltre alle già note iscrizioni anagrafiche per movimento migratorio (provenienza da altro
Comune o dall’estero o destinazione per l’estero), con l’art. 7 del regolamento viene introdotto,
in modo esplicito, un altro tipo di iscrizione che si caratterizza per l’assenza di provenienza.
Questa iscrizione e la corrispondente cancellazione “senza destinazione”, che già da tempo e di
fatto costituivano componenti reali del calcolo della popolazione residente, sono ora
giuridicamente acquisite e conosciute con le dizioni: “altre iscrizioni” anagrafiche ed “altre
cancellazioni” anagrafiche.
Esempi di “altre iscrizioni” sono:
— La iscrizione senza alcuna provenienza nei casi in cui si proceda a nuova iscrizione di
persona già cancellata per irreperibilità.
La ricomparsa, infatti, con la nuova normativa non dà più luogo a ripristino degli atti anagrafici
(tale operazione consisteva in una “fictio iuris” per cui la cancellazione per irreperibilità a suo
tempo effettuata veniva considerata come mai avvenuta) ma dà inizio ad una nuova iscrizione
con decorrenza dal giorno in cui viene manifestata o accertata d’ufficio la ricomparsa.
— La iscrizione anagrafica delle persone, anche adulte, le quali, non iscritte per errore in
alcuna anagrafe al momento della nascita, vengono successivamente a trovarsi senza
iscrizione anagrafica.
Tale forma di iscrizione, ovviamente diversa dalla iscrizione per nascita, trova applicazione
quando sia trascorso almeno un anno dalla nascita e l’iscrizione per nascita non sia andata a
buon fine per errate indicazioni fornite dagli interessati.
— La iscrizione di un “senza fissa dimora” quando per lo stesso non è possibile dar corso ad un
trasferimento di residenza poiché non iscritto in altro Comune italiano.
Se il senza fissa dimora non ha un recapito o un vero e proprio domicilio (sede principale dei
propri affari) nel Comune, ma elegge domicilio al solo fine di chiedere ed ottenere l’iscrizione
anagrafica, come suo diritto, si presenta il problema dell’indirizzo da indicare negli atti
anagrafici. In tal caso, in analogia al Censimento, che prescrive l’istituzione in ogni
Comune di una sezione speciale “non territoriale” nella quale vengono elencati e
censiti come residenti tutti i “senza tetto”, si ravvisa la necessità che anche in
anagrafe venga istituita una via, territorialmente non esistente, ma conosciuta con
un nome convenzionale dato dall’ufficiale di anagrafe (es. via.... seguita dal nome
dello stesso comune, via della Casa Comunale, ecc.). In questa via verranno iscritti
con numero progressivo dispari sia i “senza tetto” risultanti residenti al censimento,
sia i “senza fissa dimora” che eleggono domicilio nel Comune ma che in realtà non
hanno un vero e proprio recapito nel Comune stesso.
Per altre simili necessità, ma al di fuori dei casi sopraddetti, potrà essere utilizzata la stessa via
con i numeri progressivi pari.
Nell’impossibilità di contattare, in ogni momento, gli iscritti predetti, ogni notizia agli stessi
s’intende notificata, a tutti gli effetti, con la pubblicazione all’albo pretorio.
Per quanto concerne l’art. 7 comma 2, si chiarisce che la ricomparsa nello stesso Comune che
ha cancellato per irreperibilità comporta una nuova iscrizione (reiscrizione) con decorrenza dal
giorno in cui si manifesta la ricomparsa stessa all’ufficio di anagrafe.
In particolare si precisa anche che, qualora una persona, cancellata dall’anagrafe di un
Comune per irreperibilità al censimento o per irreperibilità accertata dall’ufficio di anagrafe,
chieda successivamente l’iscrizione anagrafica in altro Comune, questo dovrà provvedere alla
iscrizione senza provenienza. Tuttavia instaurerà una pratica migratoria con il Comune che ha
proceduto alla cancellazio-ne per irreperibiltà, ai soli fini dalla conferma delle generalità e della
conferma dell’avvenuta cancellazione per irreperibilità. Dopo la conferma di cancellazione
l’iscrizione nel nuovo Comune risulterà nella scheda anagrafica con l’annotazione: «era stato
cancellato per irreperibilità dal Comune di...... in data.....».
8. Le categorie di persone contemplate nell’art. 8 - vadano esse a far parte o meno di una
convivenza anagrafica - possono rimanere iscritte nell’anagrafe del Comune dal quale
provengono finché non sia maturato il periodo di tempo previsto nell’articolo stesso; periodo
che decorre dal giorno dell’allontanamento dal Comune di iscrizione anagrafica.
Tale eccezione trova fondamento nella presunzione che, una volta esauritisi nei tempi previsti i
motivi che hanno determinato l’assenza dal Comune di residenza, tali categorie di persone
fanno ivi ritorno.
Tale presunzione viene meno quando l’interessato manifesta, prima della scadenza dei termini
previsti, l’intenzione di iscriversi nell’anagrafe del Comune nel quale si trova di fatto e, nel
contempo, dimostra, con fatti concreti, che la dimora si protrarrà oltre i termini previsti
dall’art. 8.
Possono essere considerate prove dell’intenzione di stabilire la dimora abituale nel nuovo
Comune il trasferimento o la formazione di famiglia ed il corrispondente effettivo abbandono
nel precedente Comune della propria abitazione.
L’impossibilità di attenersi in modo assoluto al divieto posto dall’art. 8 è manifesta quando nel
Comune di iscrizione anagrafica il soggetto non abbia altri familiari nè la disponibilità
dell’abitazione per vari motivi ed abbia espresso la volontà di risiedere nel nuovo Comune.
I detenuti rimangono iscritti nel Comune di residenza fino alla sentenza di primo grado.
9. Con particolare rilievo debbono essere sottolineate le disposizioni concernenti l’obbligo da
parte del responsabile della convivenza (art. 10), di segnalare al Comune tutte le variazioni
che intervengono nella composizione della convivenza stessa, specialmente al fine di assicurare
l’attuazione delle disposizioni contenute nell’art. 8 che prevedono il verificare di un determinato
fatto o il maturare di un determinato periodo di tempo per l’iscrizione anagrafica di persone
appartenenti alla convivenza.
Al riguardo, poiché nel passato sono state rilevate numerose irregolarità nelle posizioni
anagrafiche di persone appartenenti a convivenze a causa della mancata denuncia di variazioni
anagrafiche da parte dei responsabili delle convivenze, si suggerisce l’opportunità di far
pervenire annualmente ad essi un invito da parte dell’Ufficio anagrafe ad adempiere agli
obblighi di cui all’art. 10.
10. Nel prescrivere la cancellazione anagrafica per le persone trasferitesi permanentemente
all’estero (art. 11), il legislatore non ha ritenuto opportuno fissare dei criteri rigidi per
determinare la natura temporanea o permanente dell’espatrio che potrà essere accertata solo
in base ad un insieme di risultanze da valutarsi caso per caso.
Tuttavia, l’istituzione dell’anagrafe speciale degli italiani residenti all’estero (AIRE), prima con
circolare dell’Istat n. 22 del 21.2.1969 e poi con la legge n. 470 del 27.10.1988, ha
notevolmente attenuato le difficoltà che si presentavano per le cancellazioni anagrafiche per
l’estero, sia per la possibilità del rilascio delle certificazioni ai residenti all’estero, sia con la
precisazione legislativa: «non sono iscritti nell’AIRE i cittadini che si recano all’estero per cause
di durata limitata non superiore a dodici mesi» (art. 1, comma 8 sopra citata legge).
La norma relativa alla cancellazione anagrafica per irreperibilità (art. 11) costituisce un mezzo
eccezionale il cui impiego può essere considerato sia in occasione dei censimenti sia a seguito
di accertamenti svolti dall’ufficio di anagrafe.
Infatti, la possibilità di cancellazione per irreperibiltà al di fuori delle risultanze delle operazioni
di censimento è consentita quando una persona risulti, a periodici ed intervallati accertamenti
disposti dall’ufficiale di anagrafe, costantemente irreperibile all’indirizzo anagrafico, né si
conosca il luogo di attuale dimora abituale. Se si conosce, infatti, il luogo di dimora abituale
non si può effettuare la cancellazione per irreperibilità, ma si deve procedere con la
segnalazione di cui all’art. 18 del regolamento. Se la persona risulta all’estero si cancella per
l’estero, attivando contemporaneamente, se di cittadinanza italiana, la procedura per
l’iscrizione all’AIRE.
Oltre alle cancellazioni per “irreperibilità” sono da annoverarsi fra le “altre cancellazioni
anagrafiche” tutte le cancellazioni che si caratterizzano per assenze di luogo di “destinazione”,
(es. cancellazione per duplice iscrizione anagrafica).
Adempimenti anagrafici.
11. Tra le costituzioni di nuova famiglia (art. 13), si deve porre in risalto quella a seguito di
matrimonio.
In merito, è necessario chiarire che per procedere all’iscrizione anagrafica del coniuge
residente prima del matrimonio in un Comune diverso da quello dell’altro coniuge, è necessaria
la dimora di fatto; pertanto è errata la prassi, talvolta adottata, di iscrivere senz’altro il
coniuge nel Comune di residenza dell’altro coniuge in base alla trascrizione dell’atto di
matrimonio e con decorrenza dalla data della celebrazione, in quanto mancano per l’iscrizione
anagrafica sia la dimora di fatto che la manifestazione di volontà, richieste come elementi
essenziali dal criterio informatore della legge anagrafica.
Del resto, si deve considerare che il Codice civile, pur stabilendo l’obbligo della coabitazione dei
coniugi, non esclude che essi possano risiedere in Comuni diversi. Si precisa, altresì, che le
disposizioni di legge in materia anagrafica non prescrivono il consenso di un coniuge per
l’iscrizione anagrafica dell’altro in un Comune diverso da quello dove egli risiede; di
conseguenza la donna coniugata che, per qualsiasi motivo, abbia una dimora abituale diversa
da quella del marito deve essere iscritta nel Comune di effettiva re-sidenza anche senza il
consenso del coniuge.
In merito a quanto disposto per il cambiamento della qualifica professionale (art. 13), si
chiarisce che non è necessaria alcuna decisione della Commissione provinciale di collocamento,
essendo sufficiente la semplice richiesta degli interessati, corredata da documenti specifici dai
quali risulti la nuova professione esercitata.
Negli atti anagrafici è necessario che sia riportata sempre una sola professione; nel caso che
una persona eserciti di fatto, contemporaneamente, più attività professionali, il Comune potrà
dare facoltà all’interessato di dichiarare espressamente quale professione dovrà essere
riportata sugli atti anagrafici.
La denominazione delle professioni, delle arti e di mestieri esercitati dalle persone devono
essere apposte sugli atti anagrafici in conformità alle norme tecniche emanate dall’Istituto
nazionale di sta-tistica sulla classificazione professionale per i censimenti e per le statistiche
correnti.
12. In relazione alla iscrizione anagrafica degli stranieri (art. 14), si chiarisce che essa deve
essere richiesta con l’esibizione del permesso di soggiorno di durata anche temporanea, purché
prevedibilmente prorogabile. A legittimare l’iscrizione è necessario, infatti, l’accertamento
dell’elemento intenzionale e dell’elemento di fatto, che concorrono a configurare lo stato di
residenza così come previsto per i cittadini italiani (circ. n. 13 in data 26.3.1991 del Ministero
dell’Interno).
L’identità deve essere comprovata mediante l’esibizione del passaporto.
Per la dimostrazione della composizione della famiglia devono essere esibiti atti autentici
rilasciati dalle competenti autorità dello Stato di provenienza.
È opportuno chiarire che l’iscrizione in anagrafe dello straniero rimane ancorata all’effettiva
presenza dello stesso sul territorio comunale indipendentemente dalla legittimità della
presenza stessa comprovata dal possesso del permesso di soggiorno. Infatti, l’accertamento
dell’attualità di tale permesso di soggiorno dovrà essere accertato dagli organi di polizia.
Pertanto, ed in tal senso va interpretato il disposto dell’art. 7 comma 3 del vigente
regolamento anagrafico, a seguito della disciplina dettata nella materia dall’art. 6 della
successiva legge 39/90 che ha inteso eliminare la discriminazione tra cittadini italiani e
stranieri.
Si rammenta che l’art. 14 comma 2 è stato abrogato dalla citata legge 39/90.
13. Quando l’ufficiale di anagrafe venga comunque a conoscenza, in particolare, di una
persona o famiglia che già dimora abitualmente nel Comune e non ha reso la prescritta
dichiarazione di iscrizione anagrafica, deve invitare gli interessati a renderla.
Se, a seguito di documentato invito e nel termine ivi stabilito, gli interessati non si presentano
in ufficio, l’ufficiale di anagrafe inizierà la procedura per l’iscrizione d’ufficio.
Si provvederà, invece, alla cancellazione per irreperibilità quando si accerta che una persona o
famiglia sia emigrata all’estero da oltre un anno e non abbia reso la relativa dichiarazione di
espatrio al momento della partenza, né l’abbia fatta pervenire dall’estero.
14. Le norme contenute nell’art. 16 sono state suggerite dalla necessità di rendere più sollecito
lo svolgimento delle pratiche migratorie e di impedire il verificarsi delle cancellazioni
anagrafiche senza che sia assicurata prima l’iscrizione nel Comune di nuova dimora abituale. Il
primo comma stabilisce che l’ufficiale di anagrafe che venga a conoscenza del trasferimento in
altro Comune di una persona deve darne notizia all’ufficiale di anagrafe del Comune di nuova
residenza affinchè provveda ad invitare l’interessato a rendere la prescritta dichiarazione. Ne
consegue che lo svolgimento della pratica migratoria deve essere sempre iniziato dal Comune
di nuova residenza anche se quello di precedente iscrizione anagrafica può promuovere tale
iniziativa.
Le disposizioni di cui al secondo comma tendono ad evitare che una persona rientrata in Italia
dopo una permanenza all’estero che non ha comportato la cancellazione anagrafica e che
venga a stabilirsi in un Comune diverso da quello di precedente dimora abituale possa
conseguire una duplice iscrizione anagrafica.
15. In relazione a quanto disposto dall’art. 18, si richiama l’attenzione dei Comuni sulla
necessità di provvedere allo svolgimento della pratica migratoria con la massima sollecitudine
per evitare che dal giorno della dichiarazione di trasferimento di residenza resa dall’interessato
a quello di definizione della pratica migratoria intercorra un periodo di tempo superiore a quello
di 30 giorni previsto dall’art. 2 della legge 7.8.90 n. 241: ciò sia perché gli interessati non
abbiano ad essere danneggiati per il ritardo nel rilascio di quelle conseguenti certificazioni
anagrafiche occorrenti per il più sollecito disbrigo delle pratiche amministrative inerenti al
trasferimento della residenza in un nuovo Comune, sia perché non ne conseguano irregolarità
nella tenuta delle anagrafi.
La persona che ha già manifestato, nei modi formali, l’intenzione di iscriversi nell’anagrafe di
un nuovo Comune, da questo giorno non può più chiedere le certificazioni nel Comune nel
quale risulta ancora residente. Ciò in quanto nei certificati di residenza che otterrà dopo il
perfezionamento della pratica, risulterà residente nel nuovo Comune dalla data della sua
dichiarazione formale.
La persona stessa è responsabile dell’eventuale uso illegittimo delle certificazioni.
Qualora la persona trasferitasi non risulti iscritta nell’anagrafe del Comune indicato quale luogo
di precedente dimora abituale e tale Comune dichiari, pertanto, di non poter fornire
assicurazione di cancellazione, la pratica migratoria dovrà essere ripetuta con gli altri Comuni
ove la persona potrebbe risultare iscritta, giungendo, quando fosse necessario, fino al Comune
di nascita.
Solo quando non fosse possibile rintracciare il precedente Comune di iscrizione anagrafica, la
persona potrà essere iscritta previa esibizione del certificato di nascita (per poter riportare
negli atti anagrafici le esatte generalità) e nel caso di trasferimento di una famiglia, di
documenti che ne comprovino la composizione.
In merito ai trasferimenti di residenza e relativamente alla data di decorrenza che si propone di
variare quando la pratica migratoria viene inviata al Comune di cancellazione oltre ogni
accettabile e ragionevole tempo, dando luogo a maggior possibilità di rilasciare certificati
anagrafici che non sarebbero più dovuti, si ritiene di indicare la seguente procedura alla quale i
Comuni devono attenersi: al 20. giorno dalla data della dichiarazione del trasferimento di
residenza resa dall’interessato o, per giustificati motivi, al 30. giorno, se gli accertamenti sono
negativi o non sufficientemente positivi, si deve comunicare all’interessato che l’istanza di
iscrizione è stata respinta e, se del caso, invitarlo a presentare una nuova richiesta con data
aggiornata.
Se così non si opera, la data dichiarata dal cittadino potrà essere nulla se la pratica non si
conclude positivamente, ma non potrà mai essere mutata se la pratica va a buon fine anche
dopo numerosi mesi.
16. La compilazione del modeIlo predisposto dall’Istat, nei casi richiesti, non va mai omessa.
Qualora il fatto da accertare sia personalmente conosciuto dall’ufficiale d’anagrafe delegato o
dal Sindaco, saranno essi stessi a fornire le notizie per la compilazione del modello e a
sottoscriverlo.
Il Vigile Urbano o l’incaricato degli accertamenti esprime il suo parere in merito all’esistenza o
meno del requisito della dimora abituale.
L’ufficiale di anagrafe ha il compito di una valutazione complessiva degli accertamenti effettuati
ed il potere decisionale nel merito.
Formazione ed ordinamento dello schedario anagrafico della popolazione residente.
Schedario degli italiani residenti all’estero (AIRE).
17. Nell’intestazione delle schede individuali (come, del resto, delle schede di famiglia) sono
state eliminate, tra le notizie, la paternità e la maternità, secondo le disposizioni contenute al
riguardo nella legge 31 ottobre 1955, n. 1064.
Ad evitare, poi, difformità tra le certificazioni rilasciate ad una stessa persona dall’ufficio di
stato civile e da quello di anagrafe, si chiarisce che nelle schede di famiglia e nelle schede
individuali deve essere riportato per esteso soltanto il nome risultante dalla comunicazione che
l’ufficio di stato civile fa, per ciascun nato, all’ufficio di anagrafe.
In tale comunicazione dovrà essere indicato, oltre al cognome, soltanto il primo nome, anche
se al neonato fossero stati imposti più nomi. Il primo nome, tuttavia, può essere composto
anche da due o più nomi. Tale circostanza, però, si deve dedurre dal contesto dell’atto di
nascita dal quale dovrà risultare in modo inequivocabile l’unicità del nome, ricorrendo ai criteri
indicati dal Ministro di Grazia e Giustizia con circolare n. 1075 del 25.3.1988.
Poiché le disposizioni legislative in materia anagrafica trovano il loro principio informatore nel
rispetto dello stato di fatto, si chiarisce che gli aventi potestà o tutela su un minore possono
avere residenza diversa da questi e, pertanto, nei casi in cui è necessario, ad uno o più
minorenni può essere intestata una scheda di famiglia, con l’avvertenza che su di essa deve
essere riportato il nome e l’indirizzo della persona che esercita la potestà o la tutela e ciò al
fine di poter individuare il responsabile degli adempimenti anagrafici.
18. Il collocamento delle schede di famiglia, per le quali si è fatto ricorso al criterio
dell’ordinamento per area di circolazione e nell’ambito di questa per numero progressivo di
numero civico fino a specificare il numero interno di ogni appartamento (art. 25), intende
assicurare, tra l’altro, la più agevole comparazione tra anagrafe e censimenti e consentire una
proiezione di questi ultimi nel tempo, così da ottenere effettivamente che l’anagrafe
costituisca, per l’avvenire, l’anello di congiunzione tra due censimenti successivi e questi, a
loro volta, siano il mezzo per collaudare l’anagrafe.
La specificazione del numero interno per ogni appartamento consente, inoltre, una più agevole
individuazione delle famiglie anagrafiche uniche e di quelle viventi in coabitazione.
Nel caso di famiglia (o persona) che trasferisce la residenza da altro Comune, dall’estero o da
altra abitazione dello stesso Comune ed entra a coabitare con altra famiglia con la quale deve
costituire famiglia anagrafica unica, i componenti della famiglia subentrante vanno ad
aggiungersi, nell’ordine in cui sono indicati, ai componenti della famiglia già esistente.
19. La persona che dirige la convivenza e che, pertanto, è responsabile delle dichiarazioni
anagrafiche relative ai componenti della stessa, può anche non far parte della convivenza. Ciò
in quanto potrebbe già far parte di una propria famiglia anagrafica.
Qualora debba rilasciarsi un certificato di stato di famiglia o di residenza ad una persona che
vive in “convivenza”, non è necessario indicare nel certificato stesso tutti i residenti nella
“convivenza”, ma è sufficiente indicare il solo nome dell’interessato e scrivere in annotazione:
“è residente in convivenza” specificando, eventualmente, anche il tipo della convivenza.
Nel certificato vanno indicati tutti i componenti della convivenza quando il richiedente o l’Ente
destinatario del certificato abbia interesse a conoscere il numero dei residenti nella convivenza.
20. Gli obblighi concernenti gli aggiornamenti delle schede anagrafiche individuali (AP/5), di
famiglia (AP/6) e di convivenza (AP6a) possono essere omessi, solo previa esplicita
autorizzazione rilasciata dal Ministero dell’Interno, d’intesa con l’Istat.
I Comuni interessati, pertanto, debbono inoltrare richiesta in tal senso al Ministero dell’Interno,
Direzione Generale Amministrazione Civile, specificando con dettagliata relazione i criteri di
aggioranmento dello schedario elettronico che saranno adottati, la possibilità di rilascio di
certificazioni relative a situazioni anagrafiche pregresse e la garanzia di conservazione delle
notizie anagrafiche registrate tramite informatizzazione (ad es. più copie nastro, armadi
particolarmente idonei per la conservazione dei nastri stessi, ecc.).
21. In merito alla tenuta delle schede degli stranieri, è prescritto che esse vengano collocate in
uno schedario a parte, onde facilitare l’esecuzione di eventuali indagini statistiche riguardanti
gli stranieri.
Tale distinzione è superflua quando le notizie relative al numero degli stranieri residenti e le
loro principali caratteristiche possono trarsi, in ogni momento, dall’anagrafe informatizzata.
22. Per la tenuta delle schede individuali e di famiglia o di convivenza eliminate, è stato
disposto che sia segnalato un numero progressivo di eliminazione sulle schede di famiglia o di
convivenza; tale numero, riportato anche sulle schede individuali, costituirà il legame tra
queste ultime e le relative schede di famiglia o di convivenza.
23. L’anagrafe degli italiani residenti all’estero già organizzata presso i Comuni a seguito della
circolare dell’Istat n. 22 del 21.2.1969 emanata d’intesa con il Ministero dell’Interno, è stata
formalmente istituita e regolamentata, rispettivamente con la legge n. 470 del 27.10.1988 ed
il regolamento di esecuzione D.P.R. n. 323 del 6.9.1989.
Uffici anagrafici periferici, anagrafi separate, schedario della popolazione
temporanea.
24. I Comuni che gestiscono le anagrafi con l’impiego di elaboratori elettronici possono
istituire, in qualsiasi luogo di pertinenza comunale, uffici anagrafici periferici collegati con
l’anagrafe centrale mediante idonei mezzi tecnici. In tali uffici si possono raccogliere
dichiarazioni anagrafiche e rilasciare certificazioni. Queste ultime potranno essere rilasciate
anche con i sistemi e le procedure previsti dall’art. 15-quinquies della legge 28.2.90 n. 39.
25. Per quanto concerne le anagrafi separate (artt. 29-31), ad evitare che l’istituzione venga
effettuata con eccessiva larghezza e con conseguenti spese superflue per i Comuni e maggiori
complessità nella tenuta delle anagrafi, si è provveduto a disciplinare con particolari
accorgimenti il funzionamento delle stesse. L’istituzione delle stesse - possibile anche con
schedario cartaceo - è consentita, infatti, in base al disposto dell’art. 7 della legge anagrafica
solo quando nello stesso luogo già esiste, un ufficio di stato civile separato da quello centrale.
Sia nel caso di anagrafi separate sia nel caso di uffici periferici che raccolgono anche
dichiarazioni di trasferimento di residenza, il responsabile dell’ufficio di anagrafe centrale deve
organizzare e coordinare lo svolgimento delle pratiche migratorie (es. protocollo, accertamenti,
calcolo, ecc.) al fine di conseguire con la massima tempestività la definizione delle pratiche
stesse.
26. Per effetto dell’esplicita abrogazione dell’art. 14 comma 2 del vigente regolamento da parte
della legge n. 39/90 del 28.2.1990, il primo comma dell’art. 32 del regolamento citato va letto
solo nella prima parte, cioè il primo periodo.
Il predetto art. 32 concerne lo schedario della popolazione temporanea che deve essere
istituito in ciascun Comune. Al riguardo si è ritenuto opportuno prescrivere esplicitamente il
divieto di rilasciare certificazioni in base alle iscrizioni provvisorie per evitare utilizzazioni
improprie di esse; si è prescritto anche che ogni iscrizione o cancellazione dallo schedario deve
essere comunicata all’ufficiale di anagrafe dell’eventuale Comune di residenza.
L’istituzione, a richiesta o d’ufficio, delle schede provvisorie - che non comporta la conferma
delle generalità da parte dei Comuni di provenienza - ha luogo per le persone o famiglie
italiane o straniere che abbiano dimora nel Comune da almeno quattro mesi e che non abbiano
espresso l’intendimento di essere iscritte nell’anagrafe della popolazione residente; le schede
in parola, quindi, sono disposte esclusivamente al fine di poter seguire le persone iscritte
provvisoriamente perché non sfuggano in un secondo tempo alla eventuale iscrizione
anagrafica definitiva.
Il regolamento anagrafico prescrive la revisione annuale delle schede provvisorie per la
eventuale eliminazione o per la istituzione di schede definitive. Soltanto in questa fase
conclusiva i Comuni sono tenuti a chiedere la conferma delle generalità delle persone da
iscriversi definitivamente in anagrafe.
Certificazioni anagrafiche.
27. La materia delle certificazioni anagrafiche è stata oggetto di frequenti controversie tra
privati ed Amministrazioni comunali, generalmente concernenti, nel passato, la possibilità di
rilasciare certificati anagrafici a terzi e, più recentemente, la possibilità di rilasciare elenchi
nominativi di iscritti all’anagrafe dei residenti.
Per quanto riguarda il rilascio di certificati a terzi, il regolamento (art. 33) ha eliminato ogni
dubbio, disponendo che i certificati concernenti la residenza e lo stato di famiglia anagrafica
vengono rilasciati dall’ufficiale di anagrafe a domanda di chiunque e per chiunque vengano
richiesti. In tal modo si è voluto chiarire che chiunque può chiedere ed ottenere il rilascio delle
certificazioni anagrafiche, analogamente a quanto dispone l’art. 450 del Codice civile per gli
atti dello stato civile.
Cessa l’obbligo, prescritto nel passato, dell’annotazione degli estremi del documento di
riconoscimento negli atti dell’ufficio, quando la richiesta provenga da persona estranea alla
famiglia anagrafica.
Poiché l’ufficiale di anagrafe è competente al solo rilascio del certificato di residenza e di quello
di stato di famiglia (art. 33 comma 1), nello stesso art. 33 - comma 2 - è stato precisato che
ogni altro certificato od attestato, le cui notizie sono desunte dagli atti anagrafici, può essere
firmato anche dall’ufficiale di anagrate solo se questi sia stato autorizzato a firmare “d’ordine
del Sindaco”. Ciò considerando che le notizie tratte dall’anagrafe per le certificazioni relative
alla carta d’identità, alla cittadinanza, ai cosiddetti certificati anagrafici di nascita, ecc. sono, in
realtà, di competenza dell’ufficio di stato civile o del Sindaco.
Inoltre, affinché gli interessati non si giovino indebitamente delle certificazioni concernenti
l’iscrizione anagrafica ottenuta mediante raggiri eventualmente posti in atto al momento della
dichiarazione di dimora abituale nel Comune, si rammenta che l’ufficio di anagrafe, prima di
rilasciare certificati di qualsiasi natura nell’interesse dei privati, può verificare se per il
richiedente iscritto nell’anagrafe della popolazione residente tutte le indicazioni a suo tempo
fornite dal medesimo corrispondano alla situazione quale risulta al momento del rilascio della
certificazione. Nel caso che l’esito degli accertamenti successivi sia in contrasto con la
situazione di fatto, dovrà essere elevata contravvenzione per la mancata dichiarazione e
conseguentemente dovrà essere regolarizzata la posizione anagrafica delle persone
interessate.
Non sembra inopportuno, in questa sede, richiamare l’attenzione circa il significato della
posizione di intestatario del foglio di famiglia.
Al riguardo è necessario che, nelle certificazioni dello stato di famiglia sia posto in evidenza che
tale posizione ha rilevanza solo ai fini di stabilire la relazione (di parentela) esistente con gli
altri componenti della famiglia (vedi circ. Istat n. 38 del 7.7.89 e circ. del Ministero dell’Interno
n. 6 in data 27.2.91).
28. Per quanto concerne la possibilità di fornire elenchi nominativi di iscritti nell’anagrafe dei
residenti, mentre il precedente regolamento ammetteva il rilascio di notizie anagrafiche
unicamente in forma certificativa, l’art. 34 del vigente regolamento consente all’ufficiale di
anagrafe di fornire elenchi nominativi alle Amministrazioni pubbliche che forniscano
motivazioni di pubblico interesse; ai privati, invece, possono rilasciarsi solo «dati anagrafici,
resi anonimi ed aggregati» quando«ne facciano richiesta per fini statistici e di ricerca».
Tra le Amministrazioni pubbliche rientrano gli organi statali centrali e periferici, gli Enti
territoriali (Regione, Province e Comuni) ed i loro organi e gli Enti istituzionali (locali, regionali
o statali).
Sono Enti istituzionali locali: le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, gli
Ordini e Collegi professionali, i Consorzi di Enti territoriali, gli Istituti per le case popolari,
alcuni Enti portuali, gli Enti lirici, gli Enti cinematografici.
Tra gli Enti istituzionali regionali vi sono: Enti di sviluppo agricolo, Istituti di formazione
professionale, Opere universitarie, Enti gestori di musei e biblioteche di Enti locali, Enti per
fiere e mercati locali, Enti di bonifica, Istituti regionali di ricerca e di sperimentazione, Istituti
regionali di studi, Enti provinciali per il turismo, Aziende autonome di cura, soggiorno e
turismo, Aziende regionali delle foreste demaniali.
Numerosissimi sono gli Enti istituzionali statali; di grande rilevanza sono gli enti pubblici
economici: Banca d’Italia, Banco di Napoli, Banco di Sicilia, Banco di Sardegna, Banca
Nazionale del Lavoro, Istituto S. Paolo di Torino, Monte dei Paschi di Siena, Casse di Risparmio,
ENEL, Ente Ferrovie del lo Stato, SlAE, Enti di partecipazione statale (tra cui l’IRI e l’ENI). Per
quanto riguarda questi ultimi Enti, hanno, invece, carattere privato le holdings o società
finanziarie di settore, così come le società operative (tra cui la SIP, la RAI, l’Italcable, L’Alitalia,
la Società Autostrade, la Banca Commerciale Italiana, il Banco di Roma, il Credito Italiano).
Tra gli enti pubblici non economici vi sono: l’Istat, il CNR, l’Istituto nazionale di fisica n ucleare,
l’Istituto poligrafico e zecca dello Stato, il Registro aeronautico, le Università statali e gli altri
istituti statali d’istruzione dotati di personalità giuridica (tecnici, artistici, convitti nazionali),
l’Istituto nazionale per il commercio estero, l’Ufficio italiano cambi, la Cassa per il Mezzogiorno,
il Comitato nazionale per la ricerca e per lo sviluppo dell’energia nucleare e delle energie
alternative - ENEA; inoltre: Enti di assistenza, Enti di previdenza (es. lNPS), Enti con fini di
istruzione e di cultura (es. Accademia dei Lincei), Enti a finalità sportive o ricreative (es. CONI,
ENAL), Enti di interesse patriottico (es. Opera nazionale combattenti), Enti con finalità attinenti
l’industria ed il commercio (es. Fiera di Milano, Fiera del Levante), Enti che operano nel campo
assicurativo (es. INA, ISVAP), Enti portuali non locali (es. Consorzio autonomo del porto di
Genova, Consorzio autonomo del porto di Napoli), Consorzi tra proprietari fondiari (es. di
bonifica), Consorzi tra produttori agricoli (es. Ente nazionale risi); altri enti: CONSOB, ISCO,
ETI, ACI, Centri nazionali di studi, Musei nazionali, Osservatori astronomici, vulcanologici, Enti
acquedottistici.
29. Con riferimento al contenuto del certificato anagrafico, l’art. 35 prescrive che devono
essere indicate le generalità: cognome, nome, luogo e data di nascita, con numero, parte e
serie dell’atto di nascita; non costituiscono materia di certificazione: la professione o
condizione non professionale e il titolo di studio.
L’indicazione della condizione di “stato civile” non viene nè imposta nè vietata. È da trarsi,
pertanto, l’interpretazione che il certificato anagrafico, oltre alle indicazioni del Comune, della
data del rilascio, dell’oggetto della certificazione, delle generalità, del timbro e della firma, può
contenere anche l’indicazione dello stato civile.
30. È vietata esplicitamente la consultazione delle schede anagrafiche da parte di persone
estranee all’ufficio di anagrafe (art. 37), in quanto tale consultazione, talvolta tollerata nel
passato, non poteva essere ulteriormente consentita, sia per la segretezza di alcune delicate
notizie, sia per il disordine che può derivare alla tenuta dell’anagrafe.
Sono stati esclusi da tale divieto, a motivo di possibili riservatissime indagini: le persone
appositamente incaricate dall’autorità giudiziaria, gli appartenenti alle forze dell’ordine ed al
corpo delle guardie di finanza.
Per le consultazioni degli atti, gli incaricati saranno forniti dai rispettivi comandi di
appartenenza di personali autorizzazioni che dovranno essere esibite agli addetti degli uffici di
anagrafe.
Gli autorizzati alle consultazioni, opereranno in conformità alle intese, preventivamente
raggiunte tra gli organi interessati e gli ufficiali di anagrafe.
Debbono essere tenute presenti anche le innovazioni introdotte in materia di accesso e di
informazione dei cittadini dall’articolo 7 della legge 8.6.1990 n. 142 e dagli articoli 22 e segg.
della legge 7.8.90 n. 241, avendo il legislatore ritenuto prevalenti le esigenze di trasparenza
dell’azione amministrativa.
In sostanza non può considerarsi vietata, a chi ne abbia interesse per la tutela di situazioni
giuridicamente rilevanti e secondo le modalità previste dalle citate leggi, la consultazione degli
atti anagrafici.
Anche la materia dei collegamenti con altri uffici subirà, trovando piena applicazione la citata
legge 241, ed in particolare l’art. 18, una evoluzione in quanto la tendenza è di istituire un
colloquio continuo fra gli uffici dei vari enti al fine di sgravare il cittadino dalla presentazione di
numerosi documenti.
Adempimenti topografici ed ecografici.
31. Le norme relative agli adempimenti topografici ed ecografici sono state inserite nel
regolamento anagrafico in quanto la formazione e l’aggiornamento del piano topografico, oltre
ad essere in-dispensabile per la determinazione della base territoriale delle varie rilevazioni,
vengono considerati opportunamente come una necessità specifica del servizio anagrafico,
poiché la registrazione delle posizioni e mutazioni anagrafiche debbono essere riferite ad una
base territoriale che non può limitarsi alla circoscrizione territoriale comunale nel suo insieme
ma deve distinguersi anche nelle delimitazioni dei centri e dei nuclei, nelle indicazioni delle
aree di circolazione e dei numeri civici fino agli interni delle abitazioni.
Gli adempimenti per la formazione del piano topografico e gli adempimenti eccografici trovano
la loro disciplina nelle “Istruzioni per la formazione delle basi territoriali e per l’ordinamento
ecografico” emanate dall’Istituto nazionale di statistica, il cui testo è riportato in appendice.
Ferma restando la formazione di un nuovo piano topografico in dipendenza di variazioni
territoriali nella circoscrizione comunale determinate con appositi provvedimenti legislativi,
all’ufficiale di anagrafeè affidata la cura dell’aggiornamento del piano topografico tra un
censimento e l’altro: tale aggiornamento deve intendersi nel senso non di modificare le
delimitazioni delle circoscrizioni, dei centri e dei nuclei abitati stabilite in occasione del
censimento, ma di apportare materialmente su di esso tutte le variazioni che si fossero
verificate nell’intervallo tra due censimenti successivi in dipendenza della costruzione di nuove
strade, case e simili ovvero di demolizioni, in modo tale che la situazione di fatto coincida con
quella rilevabile dal piano stesso. Ciò, al fine di semplificare nel miglior modo possibile le
operazioni preliminari in occasione dei censimenti generali.
È affidata, altresì, all’ufficiale di anagrafe la cura e l’aggiornamento delle denominazioni delle
strade e della numerazione civica. A tal fine si richiama l’attenzione sull’obbligo da parte dei
proprietari dei fabbricati (art. 43) di segnalare tempestivamente l’ultimazione dei fabbricati al
fine di ottenere l’assegnazione del numero civico congiuntamente al permesso di abitabilità o
agibilità. L’obbligo predetto, introdotto nel regolamento anagrafico, tende a consentire
l’immediata conoscenza, da parte dei Comuni, della costruzione di nuovi edifici e rendere così
possibile l’apposizione sollecita del numero civico e dell’interno, se necessario, nonché ad
agevolare la compilazione delle statistiche mensili sulle abitazioni e nel contempo porre i
Comuni in condizione di provvedere all’aggiornamento dei piani topografici precedentemente
descritto.
32. Anche nei Comuni in cui gli adempimenti topografici ed ecografici sono esplicati da uffici
organicamente distinti da quello di anagrafe, l’ufficiale di anagrafe rimane il responsabile dei
predetti adempimenti.
Egli, pertanto, agirà con ogni mezzo e per le vie formali al fine di ottenere con tempestività gli
aggiornamenti prescritti dalla normativa.
Revisioni da effettuarsi in occasione dei censimenti; altri adempimenti statistici.
33. Si è già fatto cenno allo stretto collegamento che intercorre tra censimento ed anagrafe in
quanto essi debbono considerarsi come strumenti vicendevolmente completantisi per la più
esatta conoscenza della consistenza quantitativa e qualitativa della popolazione, limitatamente
alle notizie che potranno formare oggetto del confronto.
Appunto in armonia con tale concetto e per assicurarne la pratica realizzazione viene prescritto
(art. 46) che a seguito di ogni censimento generale della popolazione sia effettuata la revisione
delle anagrafi onde accertarsi della corrispondenza tra le notizie rilevabili dalle due diverse
fonti.
Effettuato il confronto censimento-anagrafe, e fino al successivo censimento, l’anagrafe deve
esser costantemente aggiornata in modo che le sue risultanze coincidano, in ogni momento,
con la si-tuazione di fatto relativa al numero delle famiglie, delle convivenze e delle persone
residenti nel Comune.
34. Nell’intervallo tra due censimenti anche l’onomastica e la numerazione civica devono
essere costantemente aggiornate, in modo da poter dare ad ogni famiglia o convivenza il suo
preciso e ben determinato indirizzo.
Per raggiungere tale scopo, si è ritenuto opportuno precisare in modo esplicito che
l’aggiornamento suddetto viene effettuato d’ufficio, qualora non fosse richiesto dai proprietari
delle abitazioni e anche a prescindere dall’eventuale carattere abusivo delle abitazioni di nuova
costruzione.
Nel quadro poi dei lavori preparatori ai censimenti generali della popolazione, i Comuni devono
provvedere ad una revisione generale dell’onomastica stradale e della numerazione civica.
35. I compiti affidati all’ufficiale di anagrafe in relazione alle rilevazioni statistiche concernenti il
movimento della popolazione residente sono descritti nell’art. 48.
Alla rilevazione dei trasferimenti di residenza è da aggiungersi la rilevazione degli iscritti da
ricomparsa e dei cancellati per irreperibilità, nonché degli altri tipi di iscrizioni e cancellazioni
similari; per quanto concerne le particolari norme da tener presenti per la compilazione degli
appositi modelli si rinvia, oltre alle note contenute nei modelli stessi, alle «Istruzioni per la
rilevazione statistica del movimento della popolazione» (Serie B, n. 17 della collana “Metodi e
Norme”).
In particolare si chiarisce che, ai fini del calcolo della popolazione residente, le iscrizioni o
cancellazioni anagrafiche conseguenti sia al movimento naturale che a quello migratorio vanno
indicate, nei modelli predisposti per il calcolo, con riferimento al giorno in cui la pratica viene
definita. La pratica di iscrizione o cancellazione anagraficaè da ritenersi definita il giorno in cui
si provvede ad inserire (o eliminare) la scheda individuale e, se del caso, quella di famiglia,
nello (o dallo) schedario della popolazione residente.
Negli schedari a sistema informatizzato, quale data di definizione della pratica è da prendersi in
considerazione il giorno in cui si provvede a mettere “in memoria” o a cancellare “dalla
memoria” il record cui la pratica stessa si riferisce. Tale data viene indicata sia sulla pratica,
nello spazio a ciò riservato, sia nel relativo record.
Solo quando la pratica sarà corredata della data di definizione, nel modo come sopraddetto
apposta, si procederà alla indicazione delle unità relative nel mod. AP/10, nello spazio al caso
riservato e nel giorno corrispondente alla definizione stessa.
Nei casi in cui l’ufficio informatico sia organicamente distinto dall’ufficio di anagrafe, sarà
l’ufficiale di anagrafe ad organizzare l’intesa tra i due uffici.
I dati relativi alle iscrizioni e cancellazioni anagrafiche che vengono forniti all’Istat con mezzi
informatici, sostitutivi dei modd. AP/4, devono indicare il periodo della rilevazione contenuta,
con riferimento alla data di definizione delle pratiche cui i dati stessi si riferiscono.
La rilevazione statistica delle famiglie iscritte nell’anagrafe di ciascun Comune consente di
conoscere il movimento delle famiglie, che presenta caratteristiche variamente difformi da
Comune a Comune.
36. Una materia strettamente connessa con quella anagrafica, specie sotto l’aspetto delle
rilevazioni statistiche, è quello dello studio delle abitazioni; si è ritenuto opportuno, pertanto,
inserire nel re-golamento una apposita norma (art. 49) per prescrivere l’obbligo, da parte dei
competenti uffici comunali, di provvedere alle varie rilevazioni di carattere ecografico.
37. L’art. 50 stabilisce i particolari compiti che spettano all’ufficio di statistica nei Comuni ove
esso esiste o sarà istituito; le disposizioni tendono ad assicurare che avvenga il necessario
controllo tecnico dei dati trasmessi dai Comuni e, conseguentemente, ad evitare contestazioni
a questi ultimi da parte dell’Istituto nazionale di statistica.
Vigilanza, sanzioni e disposizioni generali.
38. Le disposizioni contenute nel Capo IX del vigente regolamento ribadiscono quelle contenute
nel precedente.
Si è voluto confermare (art. 51) che il Sindaco è tenuto a provvedere alle attrezzature
occorrenti per la conservazione e la sollecita consultazione degli atti; ciò in quanto assai di
frequente le Amministrazioni comunali ritengono sufficiente prospettare situazioni finanziarie
deficitarie per sottrarsi all’obbligo di rinnovare o comunque mantenere in efficienza l’anagrafe
della popolazone, senza considerare che così operando si privano dello strumento essenziale
tra tutti per una ordinata vita amministrativa.
Tenendo presente quanto disposto dall’art. 54, comma 2 (“l’adozione di sistemi organizzativi e
funzionali dei servizi anagrafici rispondenti ai progressi della tecnica amministrativa ed alle
esigenze dei servizi stessi”), s’invitano i Comuni ancora organizzati con sistemi cartacei ad
adottare sistemi informatizzati.
39. È stato abolito l’obbligo della redazione del verbale di revisione annuale dell’anagrafe da
parte del Sindaco e si è confermata l’opera di vigilanza da parte delle Prefetture, al fine di
promuovere un continuo miglioramento nella tenuta del servizio anagrafico.
Alle Prefetture (o agli organi che le sostituiscono nelle Regioni a statuto speciale) sono, infatti,
demandati i controlli ispettivi nei confronti delle anagrafi della popolazione residente, per il
territorio di loro competenza e con l’obbligo di riferire sull’esito delle ispezioni all’Istituto
nazionale di statistica; tali compiti, inoltre, sono affidati al Ministero dell’Interno ed all’Istituto
nazionale di statistica.
S’intende dare, per l’avvenire, più puntuale applicazione all’art. 55, allorché siano rilevate
irregolarità ed inadempenze anagrafiche da parte dei Comuni. Le Prefetture, in particolare,
dopo formali solle-citi, eventualmente inefficaci, provvederanno ad inviare commissari “ad
acta”, come attualmente previsto dall’art. 38 della legge 8.6.90 n. 142.
40. Per chiunque contravviene agli obblighi anagrafici, le somme da pagare e la natura dei
reati stabiliti dall’art. 11 della legge 1228 del 24.12.1954 sono da ritenersi aggiornati alla
legislazione vigente.
41. Essendo ormai trascorso il termine previsto di un anno per aggiornare la tenuta delle
anagrafi alle norme del nuovo regolamento anagrafico tutte le situazioni anagrafiche debbono
essere adeguate alla normativa vigente.
— Il testo del regolamento anagratico è stato redatto da una apposita commissione di studio istituita presso I’lSTAT con
delibera presidenziale n. 49AA.GG. del 21 agosto 1982. Di essa hanno fatto parte oltre ad esperti dell’lSTAT e del Ministero
dell’Interno, funzionari dei Ministeri di Grazia e Giustizia e degli Affari esteri, rappresentanti dell’Associazione nazionale ufficiali
di stato civile e di anagrafe (ANUSCA) e dell’Associazione nazionale comuni italiani (ANCI) nonché dirigenti anagrafici di diversi
comuni. Il regolamento, trasmesso dall’ISTAT alla Presidenza del consiglio dei Ministri in data 27 giugno 1984, dopo il parere
dei Ministri interessati e l’esame da parte del consiglio di Stato e della Corte dei Conti, è stato approvato con D.P.R. 30 maggio
1989, n. 223 pubblicato sulla G.U. n. 132 dell’8 giugno 1989.
|
|