La sola registrazione nell'anagrafe dei residenti all'estero non �
determinante per escludere la residenza fiscale in Italia, mentre ci� che conta � il
fatto che in Italia ci sia il domicilio, laddove il centro principale degli interessi
del soggetto deve essere identificato nel luogo in cui la gestione di questi
interessi viene esercitata abitualmente esclude la residenza fiscale in Italia.
Ad affermare il principio, confermando le pretese dell'Amministrazione finanziaria,
la Corte di cassazione con la sentenza n. 14434 del 15 giugno 2010.
La vicenda L'ufficio di Arezzo, con avviso di accertamento,
sulla base dei risultati delle indagini della Guardia di finanza, accertava redditi
di capitale non dichiarati, derivanti da interessi che il contribuente aveva
percepito a fronte di denaro dato a mutuo a vari soggetti. Sulla base, inoltre, di
documenti risultanti da informative di polizia, emergevano anche documenti che
evidenziavano consistenti incrementi patrimoniali, rilevanti ai fini di accertamento
sintetico.
In particolare, infatti, in un testamento olografo del contribuente venivano citate
le sue propriet� sia in Italia che all'estero.
Da schede personali intestate ai figli risultava inoltre che lo stesso contribuente
aveva loro erogato denaro e metalli preziosi, considerati anche questi incrementi
patrimoniali.
Avverso tale contestazione, in particolare, il contribuente sosteneva allora che le
imposte, essendo egli iscritto all'Aire dal 1978, si potevano applicare soltanto sui
redditi eventualmente prodotti all'estero.
A tal proposito, per�, l'Amministrazione finanziaria evidenziava che, a norma
dell'articolo 2, comma 2, del Dpr 917/86, per individuare le persone fisiche soggette
alle imposte sui redditi occorre guardare non solo all'iscrizione nell'anagrafe della
popolazione residente, ma anche, in alternativa, al domicilio o alla residenza nel
territorio dello Stato, secondo la nozione dell'articolo 43 c.c.
Il legislatore fiscale, considerata la difficolt� di accertare il requisito della
residenza come desunta dal codice civile, ha infatti affiancato a questo anche il
requisito del domicilio, inteso come "luogo in cui la persona ha stabilito la
sede principale dei suoi affari o interessi".
L'ufficio evidenziava poi come, dal dettato testuale della norma, emergesse peraltro,
chiaramente, che i predetti requisiti sono tra loro alternativi e non concorrenti e
come, affinch� un soggetto sia considerato fiscalmente residente in Italia, fosse
pertanto sufficiente il verificarsi di uno solo di essi.
Al riguardo, sottolineava poi che la cancellazione dall'anagrafe della popolazione
residente e l'iscrizione all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero non
costituisce elemento determinante per escludere il domicilio o la residenza nello
Stato, ben potendo questi ultimi essere desunti con ogni mezzo di prova, anche in
contrasto con le risultanze dei registri anagrafici.
L'ufficio, infine, metteva in risalto che, affinch� sussistesse il requisito della
abitualit� e della dimora, non era necessaria la continuit� o la definitivit�,
permanendo l'abitualit� anche qualora il contribuente lavori o svolga altre attivit�
all'estero, purch� conservi in Italia l'abitazione, vi torni quando possibile e
mostri l'intenzione di mantenervi il centro delle proprie relazioni familiari e
sociali.
Il domicilio, infatti, � una situazione giuridica caratterizzata dall'elemento
soggettivo, cio� dalla volont� di stabilire e conservare in quel luogo la sede
principale dei propri affari e interessi, laddove la locuzione "affari ed interessi"
deve intendersi in senso ampio, comprensivo non solo di rapporti di natura
patrimoniale ed economica, ma anche morali, sociali e familiari.
A tal proposito, del resto, poteva essere d'ausilio anche il modello Ocse, il quale
stabilisce una serie di criteri di collegamento della persona fisica allo Stato,
quali, per esempio:
- l'abitazione permanente (cio� la disponibilit� materiale di un'abitazione, non
rilevando il titolo di possesso, ma piuttosto il fatto che la stessa sia
usufruibile su base permanente e non occasionalmente)
- il centro di interessi vitali (si tratta del luogo in cui il cittadino ha le
pi� strette relazioni personali ed economiche, incluso il luogo di direzione degli
affari e quello in cui amministra i suoi interessi)
- il soggiorno abituale (si tratta del luogo in cui il soggetto, in termini
temporali, prevalentemente abita)
- la nazionalit� (determinata in base ai dati anagrafici di cittadinanza).
Si sottolineava inoltre che, considerato che l'articolo 10 della legge 448/1998
aveva provveduto a integrare i criteri fissati dall'articolo 2 del Dpr 917/1986,
introducendo il comma 2-bis ("si considerano residenti, salvo prova
contraria, i cittadini italiani cancellati dall'anagrafe della popolazione residente
ed emigrati in Stati o Territori aventi un regime fiscale privilegiato, individuati
con Decreto del Ministero delle Finanze da pubblicare in G.U."), e visto che
nell'elenco del Dm 4 maggio 1999, in materia di Stati e territori aventi un regime
fiscale privilegiato, all'articolo 1, era citato, per l'appunto, anche l'Uruguay
(paese dove il contribuente sosteneva di aver trasferito la propria residenza), era
chiaro che il contribuente aveva trasferito la propria residenza in quel Paese al
solo fine di godere di un trattamento fiscale a lui pi� favorevole.
La pronuncia della Cassazione
La Cassazione, quindi, con la sentenza n. 14434 del 15 giugno, ha confermato la
legittimit� delle pretese dell'ufficio, stabilendo che la sola iscrizione
nell'anagrafe dei residenti all'estero non � determinante per escludere la residenza
fiscale in Italia, mentre ci� che conta � il fatto che in Italia ci sia il domicilio,
laddove il centro principale degli interessi del soggetto deve essere identificato
nel luogo in cui la gestione di questi interessi viene esercitata abitualmente
"vale a dire in modo riconoscibile da terzi".
Ci� che rileva, evidenzia ancora la Corte suprema, � il principio di effettivit� e
non la volont� individuale del contribuente.
In particolare, secondo i giudici di legittimit�, "il carattere soggettivo ed
elettivo della scelta dell'interessato rileva principalmente quanto alla libert�
dell'effettuazione della stessa (l'ordinamento deve riconoscere e garantire
l'effettivo esercizio della libert� di stabilimento del centro principale dei propri
interessi), ma allorch� si deve rilevare quale sia il risultato di quella scelta la
volont� individuale va contemperata con le esigenze di tutela dell'affidamento dei
terzi".
Giovambattista Palumbo
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